IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli, nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (Atti 2,42)
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO CIl
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Sabato Della XVII
Settimana del Tempo Ordinario
Costui è Giovanni il Battista.
È risorto dai morti e per questo ha il potere di
fare prodigi!
Dal Vangelo secondo
Matteo (Mt 14,1-12)
Erode a motivo del giuramento e dei commensali ordinò
che la testa del Battista
fosse portata a sua figlia su un vassoio.
***
Costui è Giovanni il Battista.
È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,1-12)
Erode a motivo del giuramento e dei commensali ordinò
che la testa del Battista fosse portata a sua figlia su un vassoio.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,1-12)
In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse
ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per
questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in
prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti
gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo
morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e
piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che
avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio,
la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le
venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne
portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e
andarono a informare Gesù. Parola del Signore.
RIFLESSIONE
Erode è un uomo perplesso. Nei
confronti di san Giovanni Battista nutre sentimenti opposti. Da una parte egli
lo ammira e lo teme, e, più tardi, giungerà anzi ad immaginare che Gesù è la
sua reincarnazione; dall'altra non può sopportarlo, perché è venuto a
disturbare la pace del suo matrimonio fasullo, di quella relazione, che egli
certo non nasconde, con la cognata.
Ma come uccidere un essere che la folla considera santo?
L'occasione è data da un banchetto succulento nel corso del quale, euforico,
Erode fa una promessa sconsiderata per ringraziare la ballerina delle sue
evoluzioni. Ma la fanciulla, crudele come la madre, gli reclama la testa
insanguinata di Giovanni su un vassoio di rame: una richiesta tale da risvegliare
dal torpore del vino tutti i convitati! Nonostante la sua perversità, il re
esita, probabilmente per una paura superstiziosa: ma come rifiutare e perdere
la faccia? Ecco la storia di una decapitazione orribile, bella vendetta per
Erodiade che riceve la testa nell'harem del palazzo.
"La sua testa fu il premio di una danza", ha fatto scrivere il curato di Ars
nella cappella del Santo, al fine di scoraggiare ogni tipo di ballo nella sua
parrocchia. Ma non è piuttosto il frutto dell'immoderazione dei sensi,
dell'orgoglio, della fanfaroneria, di un giuramento folle e, infine, di una
semplice mancanza di coraggio? Tragico percorso di un istinto che si scatena,
si lascia andare, fino alla crudeltà più atroce. Dio ci protegga da una tale
sbandata!
La sua testa venne portata su un vassoio
Sia il bene che il male trovano
la loro forza nella coalizione, nello stare insieme, nel dare forza l'uno
all'altro. La forza di Dio è nella Trinità Beata. La forza del Verbo è nella
sua Incarnazione. La forza dello Spirito Santo è nel cuore di ogni uomo che lo
accoglie e si lascia fare da Lui strumento del suo amore. La forza del
cristiano è l'altro cristiano pieno anche lui di Spirito Santo. Se i cristiani
non creano comunione, unità, la loro forza è nulla. Il solo può fare poche
cose. La forza di un vescovo è il profeta, il maestro, il dottore,
l'evangelista, è anche ogni suo presbitero. Un vescovo senza presbiterio è ben
misero, assai povero. Può fare poco. Invece con il suo presbiterio può
rinnovare una porzione di umanità. Questa è la forza della comunione e
dell'unità.
Anche il male è forte nella sua unità. È però una unità finalizzata. Una
comunione mirata. Gesù fu Crocifisso perché farisei, scribi, sadducei,
erodiani, sommi sacerdoti, anziani del popolo si coalizzarono contro di Lui.
Una sola forza non avrebbe avuto alcun successo. Sarebbe rimasta priva di
qualsiasi possibilità. Una forza avrebbe controbilanciato l'altra forza. Paolo,
saggio e sapiente, mette le forze contrarie a lui, in contrapposizione tra di
loro e così ha possibilità di poter salvare la sua vita.
Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a
gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono
chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti».
Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e
l'assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione né
angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora
un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi
e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. Forse uno
spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il
comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di
scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne
accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme
le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a
Roma» (At 23,6-11).
Giovanni il Battista trova la morte per una coalizione di peccatori: Erodìade,
sua figlia, Erode. Senza questa unità e comunione di peccatori mai Giovanni
avrebbe visto la morte. Nessuno da se stesso era capace di uccidere il grande
profeta di Dio. Insieme vi sono riusciti. Oggi il male è potente perché ha
trovato un alleato inatteso: il cristiano, il quale ha deciso di non predicare
più Cristo Signore, la verità del suo Vangelo. Il cristiano è in tutto come
Salomè. La sua danza di falsità rende incosciente l'uomo, la malvagità di
alcuni opera il resto. Quando il cristiano deciderà di non danzare più la sua
danza di falsità e di menzogna sulla salvezza, allora la potenza del male si
sentirà venire meno. Manca dell'anello di congiunzione. È una catena spezzata.
Ogni cristiano, in ogni luogo dove lui vive, è questo anello di congiunzione
tra due forze di male. Se lui danza il suo ballo lascivo, impuro, di falsità e
menzogna, congiunge le potenze del male ed esse divengono inarrestabili. Se
invece lui vive la sua missione con rettitudine di coscienza e purezza di
cuore, manca il legame tra le forze e Giovanni il Battista mai sarà decapitato.
Molti mali del mondo sono il frutto di questo anello.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci anello di solo
bene.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Venerdì della XVII
settimana del Tempo Ordinario Anno C
Molti erano venuti da Marta e Maria a consolarle per la morte del fratello.
Dal Vangelo secondo
Giovanni (Gv 11,19-27)
Marta come udì che veniva Gesù, gli andò incontro.
***
TESTO:-
Dal Vangelo
secondo Giovanni (Gv 11,19-27)
In quel
tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.
Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava
seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a
Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose
Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse:
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose:
«Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che
viene nel mondo».Parola del Signore.
RIFLESSIONE
Marta, sorella di Maria, corse incontro a Gesù quando venne per
risuscitare il fratello Lazzaro e professò la sua fede nel Cristo Signore: «Io
credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (Gv 11,
27). Accolse con premura nella sua casa di Betania il divino Maestro, che la
esortò a unire al servizio di ospitalità l'ascolto della sua parola (Lc 10,
38-42; Gv 12, 1).
Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
colui che viene nel mondo.
Nel Vangelo secondo Giovanni vi sono tante confessioni di fede. Tutti però
conducono all'ultima, quella finale, che è poi lo scopo di tutto: "Gesù,
in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù
è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo
nome" (Gv 20,30-31).
C'è come un crescendo in Giovanni. Ogni testimone che segue aggiunge qualcosa a
ciò che è stato detto in precedenza e così si avanza verso la perfezione della
conoscenza di Gesù Signore. Questa progressione o completezza la troviamo tutta
nel primo capitolo: "Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui,
disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è
colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me,
perché era prima di me". - Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha
inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai
discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo".
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». - Uno dei due
che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea,
fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli
disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da
Gesù. - Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale
hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di
Nàzaret». - Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il
re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto
l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse:
«In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio
salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo»" (Cfr Gv 1,29-51). Alla fine
della vita pubblica di Gesù Marta riassume le testimonianze precedenti e le
esprime in una sola formula: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il
Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Leggiamo il testo:
E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.
Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava
seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello
non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio
te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta:
«So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io
sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose:
«Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che
viene nel mondo».
Cosa manca a questa confessione di fede per essere perfetta? Manca ciò che vi
aggiunge Giovanni: "... Perché credendo, abbiate la vita nel suo
nome". Non basta dire che Gesù è il Figlio di Dio, il suo Unigenito, che
si è fatto carne, che abita in mezzo a noi. Occorre aggiungere che la vita è
nel suo nome e che essa ci è data mediante la professione della fede nella sua
verità completa. Cristo Gesù è la vita del mondo, la luce, la grazia, la pace,
il pane della vita, l'acqua che disseta. È tutto questo in quanto vero Dio e
vero uomo. Non basta allora la fede di Marta per essere salvati. Essa è ancora
non perfetta. È perfetta nella verità personale di Cristo Gesù. È ancora da
rendersi esplicita nella relazione di Gesù con ogni uomo. Questa relazione è di
vita eterna, salvezza, risurrezione, pace, grazia, verità, ogni altro dono
celeste. Cristo è la via per cui tutto il Cielo passa nel nostro cuore. Questa
fede oggi si è persa. Molti sono i predicatori che asseriscono una verità
dell'uomo senza Cristo ed anche una possibilità di vita. Questo è impossibile.
Perché solo Lui è la vita, la grazia, la verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, fateci di fede perfetta.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno C
Il Regno dei
Cieli è simile a una rete gettata nel mare.
Dal Vangelo
secondo Matteo Mt 13,47-53
Che raccoglie ogni genere di pesci.
***
TESTO:
Dal Vangelo
secondo Matteo Mt 13,47-53
In quel tempo Gesù disse ai suoidiscepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che
raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a
riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e
buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli
angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace
ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse
loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è
simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose
antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.Parola del Signore.
RIFLESSIONE
Il regno dei cieli
ammette pesci buoni e pesci cattivi. Sarà così finché ci sarà tempo,
fino a quando il tempo passerà in eternità. Il realismo evangelico ci
impedisce di progettare un paradiso in terra; ci libera così da tutte le
utopie, perniciose per la fede come per la convivenza umana. In nome di
ideali utopici si sono eliminati milioni di uomini concreti. Dobbiamo
rassegnarci a convivere con il male che continuamente rinasce in noi e
attorno a noi. La Chiesa, per non parlare del mondo, è fatta di santi e
di peccatori; di santi che peccano e di peccatori che cercano di
convertirsi. Non ci è lecito scandalizzarci e dimenticare che così come
siamo, siamo cittadini del regno. Il peccato ci rattrista, ma non ci
deprime.
D'altra parte la prospettiva del giudizio finale, "quando gli angeli
separeranno i cattivi dai buoni", non ci consente di attendere passivi
l'ultimo giorno. Non possiamo essere utopici, ma ancor meno
indifferenti. La lotta contro il male è d'obbligo anche se la
prospettiva è di un combattimento che non finirà mai: "Militia est vita
hominum super terram". Dio e il diavolo combattono ancora nella storia e
il campo di battaglia è il cuore dell'uomo (Dostoevskij). Si tratta di
una lotta pacifica e violenta nello stesso tempo. "I violenti si
impadroniranno del Regno di Dio" (Mt 11,12). La pace cristiana è
inseparabile dalla spada (Mt 10,34) portata da Cristo, anche se la
competizione obbliga a ferire se stessi prima degli altri.
Alla fine del combattimento sarà Cristo a concedere la vittoria.
Presenteremo i nostri pochi meriti, ma conteremo soprattutto su chi ha
guadagnato anche per noi. "Non possiamo dirci poveri finché possiamo
contare sull'infinita ricchezza dei meriti di Cristo" (San Domenico).
Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare
Le parole di Gesù sono di una luce eterna, divina, soprannaturale.
Esse squarciano le tenebre di questo mondo e irradiano la terra di una
finissima e perfetta verità, vivendo la quale l'uomo trova la sua pace.
La falsità è sempre generatrice di ogni guerra, ogni dissidio, ogni
rivoluzione violenta, ogni distruzione dell'uomo e delle cose. La verità
invece è farmaco di unione, condivisione, cooperazione, collaborazione
tra gli uomini. Essa è la sola capace di dare serenità al cuore e alla
mente.
Ciò che oggi Gesù dice del suo regno e in particolar modo della sua
Chiesa sono di una saggezza unica, non sempre compresa nella storia e
neanche oggi sembra che la si voglia comprendere. Ci accaniamo contro il
peccato dei nostri fratelli, dimenticandoci che tutti siamo peccatori.
Ci ostiniamo a mettere alla gogna certi peccati e ci dimentichiamo dei
nostri peccati ancora più orrendi. Scagliamo pesanti pietre che uccidono
l'anima e lo spirito degli altri, mentre ci assolviamo delle nostre
gravissime nefandezze, spesse volte nascoste sotto il manto di una
ipocrita religiosità.
Gesù ci dice che la bellezza della sua chiesa è la sua grande capacità
di camminare gli uni insieme agli altri. Peccatori e santi, buoni e
cattivi, giusti e ingiusti, veri e falsi, dotti e ignoranti, acculturati
e intonsi di mente, tutti insieme, tutti nella stessa rete, tutti
nell'unico ovile, tutti sulla stessa barca. Certo può farci schifo il
peccato di chi ci sta accanto, ma dobbiamo anche pensare che fa anche
schifo il nostro peccato, più di quanto noi non pensiamo, non
sospettiamo, non immaginiamo. Il nostro peccato nascosto di certo non è
meno grave di quello pubblico del fratello.
Questo non vuole dire in nessun modo che il peccato va giustificato,
vuol dire semplicemente che il peccatore va sempre amato, sempre
redento, sempre condotto sulla via della verità e della giustizia.
L'uomo è il redentore dell'uomo, colui che espia in Cristo per ogni suo
fratello. Se cade dal cuore questa verità, siamo una comunità di
ipocriti, di falsari della vera religione, siamo un esercito di
lussuriosi spirituali, che si dilettano, godono del male dei fratelli e
soprattutto gioiscono nel gettare fango sugli altri. Quando questo
accade, non siamo più in una comunità salvante. Siamo in un lager di
distruzione dell'uomo da noi condannato anzitempo, senza dargli alcuna
possibilità di potersi redimere, salvare, fare ritorno nella verità.
La Chiesa è questa stupenda rete nella quale tutti hanno il diritto di
abitare. In essa ognuno deve divenire redentore, salvatore, luce, faro
di verità e di amore per ogni suo fratello. Certo, vi sono delle leggi
da osservare, la prima fra tutte è però la legge della carità, che brama
la salvezza del fratello e per questo gli annuncia tutta la verità che
apre le porte della salvezza. Un impedimento a ricevere l'Eucaristia è
anch'esso annuncio di verità, dono di purissima carità. È la più alta
carità che si possa dare al fratello. Se il suo amore verso l'Eucaristia
è vero, puro, giusto, di certo lui farà ogni cosa perché questo
ostacolo venga tolto. Lasciando invece che lui si accosti alla mensa del
Signore è come se noi ci importassimo poco della sua salvezza. È come
se noi ignorassimo il grave stato in cui versa la sua anima. Redimere,
salvare, condurre alla salvezza avviene anche annunciando al fratello la
sua condizione non regolare dinanzi al Signore e alla comunità. Avviene
anche attraverso un impedimento che serva di monito agli altri perché
non incorrano nello stesso peccato, che ferisce mortalmente tutta la
comunità. Un impedimento è il più grande atto di carità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità della Parola.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno C
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)
Pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e
lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel
campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle
preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la
compra». Parola del Signore.
RIFLESSIONE
La vita dei santi ci mostra in che modo essi abbiano vissuto la rivoluzionaria scoperta del tesoro del Vangelo.
Sant'Antonio abbandona tutto, all'età di diciotto anni, per andare a
vivere nel deserto; san Francesco d'Assisi prende alla lettera le parole
che gli chiedono di non portare con sé, in cammino, né bisaccia né
bastone; sant'Ignazio si converte alla lettura della vita dei santi nel
suo ritiro forzato di Manresa; santa Teresa, alla fine della sua vita,
dice: "Non mi pento di essermi donata all'amore".
Il tesoro nascosto nel terreno della nostra vita chiede non solo di
essere scoperto, ma anche di essere anteposto a tutto quanto. Per
scoprirlo occorre lo sguardo perseverante di un cercatore che non si
fermi sulla via. Ma, una volta capito che proprio là si trova il lieto
messaggio, capace di dare senso alla nostra esistenza e di portare la
salvezza al mondo, esclamiamo con sant'Agostino: "A lungo ti ho cercata,
bellezza nascosta, tardi ti ho trovata; io ti cercavo fuori di me, e tu
eri in me!".
Saremo in grado oggi di dire al Signore che è il nostro tesoro?
Diciamoglielo con tutto lo slancio di cui è capace il nostro cuore,
donandoci a lui. Il tesoro non si nega a chi lo scopre, si lascia
possedere per nascondersi poi di nuovo. Si dà a chi è pronto a perdere
tutto pur di impossessarsene. Il solo modo per ottenerlo veramente è di
darci a lui, dal momento che riconosciamo in lui il nostro Signore e il
nostro Salvatore, Gesù Cristo. Questa perla di grande valore, che ha
dato la propria vita per riscattarci dal potere del male, vuole farsi
conquistare da noi in cambio della nostra fede e del nostro abbandono al
suo amore, qualunque sia la nostra richiesta o il nostro modo di vita.
Rivolgendoci a lui dicendo "Mio Signore e mio Dio", noi possiamo
possederlo e, insieme, farne dono agli altri. Questo tesoro, infatti, ha
questa particolarità: per poterlo tenere, bisogna dividerlo con altri;
esso si sottrae invece a chi vorrebbe privarne gli altri. L'"Amen" che
oggi pronunceremo nel ricevere il Corpo di Cristo possa manifestare la
nostra gratitudine e, insieme, il nostro desiderio di farne dono ai
fratelli.
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo.
Sappiamo come nasce il regno di Dio in un cuore: con la semina della
vera Parola di Dio. Una Parola non di Dio mai potrà farlo nascere nel
mondo. Cresce attraverso la sua interiore vitalità, in tutto come cresce
una pianta, come si espande il lievito. Vive però condividendo il
terreno con la zizzania, con il male, con il regno del principe di
questo mondo. Bene e male mai potranno essere separati. Abitano nella
stessa casa. Vivono nello stesso luogo. Formano la stessa Chiesa.
Costituiscono la stessa comunità. Il regno di Dio è perennemente esposto
agli attacchi del male.
Oggi Gesù ci dice qual è il valore del regno che Lui è venuto ad
instaurare sulla nostra terra, nei nostri cuori. Ce lo manifesta
attraverso due parabole: del tesoro nascosto nel campo, della perla di
grande valore. Apparentemente potrebbero sembrare due parabole uguali,
contenenti la medesima verità. Invece c'è una sottile distanza che
separa la prima dalla seconda, perché differente è la verità dell'una e
dell'altra.
La parabola del tesoro nel campo ci insegna la sagacia, la saggezza,
l'intelligenza dell'uomo che trova il tesoro. Lo trova per caso. Non era
andato a cercalo. Lo scopre lavorando. Il tesoro non gli appartiene,
perché il campo non è suo. Ecco allora la sapienza di quest'uomo:
nasconde il tesoro, vende tutto quello che possiede, si compra il campo.
Entra così in possesso legittimo del tesoro. Tra ciò che ha venduto e
ciò che ha comprato vi è una distanza siderale, infinita, incolmabile.
Tra le cose della terra e quelle del cielo non vi è alcun paragone. Il
valore è eterno, divino.
La Parabola della perla preziosa ci rivela invece l'occhio di
quest'uomo, la sua capacità di discernimento, la scienza e l'arte del
meglio, dell'ottimo, del sublime. Ci sono perle e perle. Ci sono perle
più buone e perle meno buone. Lui ne trova una di inestimabile qualità.
Non se la lascia sfuggire. Tutte le altre che possedeva sono spazzatura
al confronto di questa. Lui si spoglia di tutte le altre e compra la più
bella sul mercato.
Queste due parabole ci rivelano tutta la nostra stoltezza, insipienza,
stupidità spirituale. Manchiamo di quella sapienza soprannaturale,
frutto in noi dello Spirito Santo. A causa di questa carenza non
comprendiamo quello che abbiamo trovato. Neanche lo consideriamo un
tesoro. Lo lasciamo abbandonato. Non ci curiamo di esso. Anzi lo
ricopriamo e continuiamo a zappare quel campo per un misero denaro al
giorno.
Siamo privi di quel santo, vero, giusto discernimento che ci consente di
valutare cosa da cosa, le cose del cielo e le cose della terra, le cose
finite e quelle infinte, le cose che hanno valore e quelle che ne sono
prive. Tutto è uguale. Tutto è indifferente. Tutto buono. Tutto santo.
Tutto giusto. Tutto vero. Regna così l'indifferentismo a tutti i
livelli: teologico, morale, spirituale, ascetico. L'indifferentismo
veritativo si trasforma in relativismo morale. C'è veramente da
riflettere.
Gesù chiede ad ogni uomo di servirsi della sua intelligenza, sapienza,
razionalità allo stesso modo di quest'uomo che trova il tesoro nel campo
e dell'altro che va in cerca di perle preziose. Se siamo capaci di
intelligenza nelle cose della terra, tanto più lo dobbiamo essere per le
cose del cielo, per quelle che sono eterne.
Vergine Maria, Madre della Sapienza, ottienici la sapienza del cuore e
la sana intelligenza. Angeli e Santi di Dio fateci persone dal retto
discernimento.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Martedì della XVII settimana del Tempo Ordinario Anno c
Gesù spiegaci la parabola della zizzania nel campo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,36-43)
Chi ha orecchi da intendere intenda.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,36-43)
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si
avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo
è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del
Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del
mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la
si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo
manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali
e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente,
dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole
nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore.
RIFLESSIONE
Gesù, ancora, spiega una parabola ai suoi. Non dev'essere così semplice capire la Parola se gli apostoli stessi inciampano nella comprensione! Tutti noi sperimentiamo come, nella nostra vita, nella Chiesa, il buon grano seminato a piene mani dal seminatore che è Dio, cresce fianco a fianco con la zizzania...La nostra tentazione è di fare come gli zelanti servi della parabola: strappare tutto e fare un bel falò. Il padrone, prudentemente, ci ammonisce: corriamo il rischio di perdere il buon grano, nel tentativo di strappare l'erba malvagia, meglio aspettare. Ma quanto fatichiamo! Quanto soffriamo nel dover convivere quotidianamente con i nostri difetti! Come vorremmo, in totale e assoluta verità, poterci liberare delle nostre ombre! E di quelle della Chiesa! Per potere presentarci a Dio senza macchia, con una vita corrispondente al nostro desiderio di santità! No, ammonisce il Signore: meglio per noi dimorare nell'umiltà, crescere nella pazienza. La parte oscura delle nostre vite, seminata nel cuore dall'avversario, cresce accanto al buon grano: ciò che a noi è chiesto è di evitare che soffochi in noi la parte luminosa.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Lunedì della XVII settimana del
Tempo Ordinario Anno c
I figli di Zebedeo: Giacomo e Giovanni.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)
Voi non sapete quello che chiedete.
Voi non sapete quello che chiedete.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di
Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le
disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei due figli
siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice
che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro:
«Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia
sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio
lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».Parola del Signore.
RIFLESSIONE
Tra i protagonisti della prima comunità cristiana troviamo senz'altro san Giacomo, fratello di Giovanni. Insieme a Pietro e a suo fratello Andrea, Giacomo fa parte della ristretta cerchia delle persone che Gesù vuole accanto a sé nei momenti particolari. Giacomo, fratello di Giovanni, figlio di Zebedeo, strappato alla pesca insieme al fratello Giovanni, già discepolo del Battista. Gesù vuole lui, Simon Pietro e Andrea insieme con sé, nei momenti più significativi della sua missione: dalla trasfigurazione al Tabor, alla resurrezione della figlia di Giairo, nella dolorosa veglia al Getsemani. Giacomo fu il primo tra i dodici ad essere ucciso, sotto Erode Antipa, ed una antica leggenda vuole che riuscì a convertire un soldato, che venne decapitato insieme con lui. Un gigante della fede, uno dei discepoli che ha vissuto un rapporto intimissimo col Signore Gesù. Eppure, rileggendo la pagina che oggi la liturgia ci propone, restiamo perplessi. No, Giacomo non ha fatto una gran figura chiedendo al Signore una "spintarella" nel futuro governo del Regno di Dio... Grandezza e miseria convivono nel cuore degli uomini, anche in quello degli uomini più grandi. È una splendida lezione, quella di oggi: noi che vorremmo una santità asettica, che desideriamo una Chiesa fatta solo di santità, che ci scandalizziamo per i limiti dei credenti (sempre e solo quelli degli altri), impariamo che Dio non ha paura di avere accanto a sé dei peccatori, fragili arrivisti, infantili discepoli che, pur avendo visto la gloria e il dolore di Dio, restano ciò che egli vuole. Strumenti che egli usa per manifestare la sua gloria e la sua misericordia.
IL VANGELO DEL GIORNO XVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
IL VANGELO NEL 21° SECOLOXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Il Padre nostro
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,1-13)
Signore, insegnaci a pregare. Quando pregate, dite: "Padre
***
TESTO:-
Dal
Vangelo secondo Luca (Lc 11,1-13)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi
discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha
insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
"Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione"».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli:
"Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non
ho nulla da offrirgli"; e se quello dall'interno gli risponde: "Non
m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non
posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a
darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene
quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi
sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà
aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al
posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi
dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più
il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
San Luca ci riporta una serie
di insegnamenti di Gesù su come bisogna pregare. Gesù invita innanzitutto a
pregare, per qualsiasi richiesta, con fiducia, ed assicura ad ognuno che tutte
le preghiere sincere saranno esaudite: "Chiunque chiede ottiene; chi cerca
trova e sarà aperto a chi bussa". Poi Gesù dice che un padre terreno dà solo
buone cose ai suoi figli e non vuole ingannarli. Come potrebbe Dio, il migliore
dei padri, mandarci qualcosa di cattivo quando noi suoi figli gli chiediamo il
suo aiuto?
La parabola dell'uomo che sollecita il suo amico è basata sulla regola del
rilancio: se un amico terreno non è capace di mandare via colui che è venuto
per pregarlo, anche se chiede il suo aiuto nelle peggiori circostanze, a
maggior ragione Dio - che è il nostro migliore amico - esaudirà le nostre
preghiere! Tanto più che noi per lui non siamo mai importuni.
Tutto questo trova la sua espressione più convincente nella preghiera che il
Signore insegna ai suoi discepoli. Se abbiamo fatto nostra la preoccupazione di
Dio: cioè che il suo nome sia conosciuto e riconosciuto e che il suo regno
venga nel mondo, egli stesso farà sue le nostre preoccupazioni. La preghiera
del Signore è il riassunto di tutto il Vangelo. Ed è per questo che è il
fondamento e il cuore di tutta la preghiera umana.
I discepoli di Gesù si rivolgono al loro
Maestro chiedendo come pregare Dio. Non è solo una questione di parole, ma del
significato vero e del contenuto della preghiera. Da come ci si rivolge a Dio
dipende quale rapporto si ha con Lui. I discepoli hanno capito che Gesù sta
mostrando loro un volto diverso di Dio, diverso da come erano stati educati, e
questo li mette in difficoltà e li costringe a ripensare la loro fede.
Gesù mostra Dio come vicino all'uomo, pronto ad ascoltarlo come un amico, anzi
ancor di più come un padre.
Quando pregate dite "Padre...".
L'evangelista Luca è ancora più sintetico nel riportare le parole di Gesù
rispetto al racconto dell'evangelista Matteo, dal quale abbiamo preso le parole
della preghiera fondamentale per noi cristiani, il Padre Nostro.
In entrambe le versioni dell'insegnamento di Gesù, quella di Luca e quella di
Matteo, la parola Padre è la prima e fondamentale. A Dio non ci si rivolge come
un "essere superiore", come "Dio onnipotente", come
"eterno e immobile", e tutte le varie rappresentazioni di Dio che ci
sono nella storia passata e presente, ma ci si rivolge a lui semplicemente come
"padre". E' così che più volte Gesù si rivolge a Dio, specialmente
nei momenti di maggior confidenza e intimità, così come è ricordato in altri
passi del Vangelo (per esempio nel Vangelo di Matteo al capitolo 11, 25...).
Dio è padre, ed è da questa parola messa all'inizio che dipende il resto delle
parole, il senso della preghiera, e il modo stesso di vivere la nostra fede.
Se tolgo da Dio la rivelazione che è "padre", il suo volto prende le
sembianze del giudice o del despota della storia che decide come tiranno
assoluto il bene o male della terra.
Dio è padre, che perdona perché è padre e noi siamo figli. Dio è padre e quindi
non può non volerci bene anche quando non capiamo il suo modo di agire, e le
risposte alle nostre domande tardano ad arrivare e ci sembra distante. Dio è
sempre padre e non può che darci cose buone per farci vivere e non morire.
A volte Dio sembra sordo alle nostre preghiere perché noi abbiamo chiesto a Dio
cose sbagliate e non chiediamo quello di cui veramente abbiamo bisogno. Spesso
Dio lo invochiamo pensando che sia il distributore di premi o di beni, ma
dimentichiamo che Dio come padre ha il dono più grande da dare che è il suo
amore, quello che nella preghiera è il vero pane senza il quale non possiamo
vivere.