IL VANGELO DEL GIORNO XXIV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
O Dio di giustizia e di amore, crea in noi un cuore nuovo,
per ricordare al mondo come tu ci ami.
IL VANGELO DEL GIORNO XXIV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
XXIV DOMENICA DEL
TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 18,21-5)
Servo malvagio, io ti ho condonato tutto,
Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 18,21-5)
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio
fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a
sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a
settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con
i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un
tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di
restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e
quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a
terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa".
Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il
debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento
denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che
devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza
con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione,
fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono
a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare
quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito
perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così
come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini,
finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno
al proprio fratello». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Quante volte devo perdonare? Buon senso, opportunità, giustizia umana sono termini insufficienti per comprendere adeguatamente la morale cristiana; e non solo perché Cristo è venuto a perfezionare la legge. "Occhio per occhio e dente per dente", come fu detto agli antichi è una norma che Cristo, nella sua autorità di legislatore supremo, dichiara superata. Ma c'è qualche cosa di più. Dopo la morte redentiva di Cristo l'uomo si trova in una situazione nuova: l'uomo è un perdonato. Il debito gli è stato rimesso, la sua condanna cancellata. "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Cor 5,21). Il Padre ormai ci vede in Cristo: figli giustificati. Il mio peccato può ancora indebolire il mio rapporto filiale con il Padre, ma non può eliminarlo. Più che dal suo peccato l'uomo è determinato dal perdono infinitamente misericordioso di Dio: "Il peccato dell'uomo è un pugno di sabbia - così san Serafino di Sarov - la misericordia divina un mare sconfinato". La miseria umana s'immerge nell'accoglienza purificatrice di Dio. Se questa è la novità portata da Cristo, anche il perdono umano deve adeguarsi ai parametri divini: "Siate misericordiosi come misericordioso è il Padre vostro" (Lc 6,36). Se il Padre guarda l'uomo come perdonato in Cristo, io non lo posso guardare come un condannato. Se il Padre ci accoglie in Cristo così come siamo per trasfigurarci in lui, l'accoglienza benevola diventa un bisogno della vita, una beatitudine. La comunità cristiana non pretende di essere una società di perfetti, ma vuole essere un luogo di perdono, una società di perdonati che ogni giorno gusta la gioia della benevolenza paterna e desidera renderla manifesta nel perdono reciproco.
IL VANGELO DEL GIORNO XXIV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Lunedì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,1-10)
Di' una parola
e il mio servo sarà guarito.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,1-10)
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al
popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione
l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni
anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro,
giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda
quello che chiede - dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a
costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il
centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono
degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono
ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito.
Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di
me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e
al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa».
All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva,
disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E
gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Durante la sua vita la missione di Gesù era necessariamente
ristretta: egli era mandato a predicare il Vangelo del regno al popolo eletto,
secondo le promesse divine.
La sua prospettiva però non era ristretta, perché sapeva benissimo che Dio
aveva promesso, per mezzo della discendenza di Abramo, la benedizione per tutte
le nazioni. Questo allargamento universale è stato reso possibile ed effettivo
grazie al mistero pasquale di Cristo; tuttavia anche prima alcuni episodi
evangelici lo lasciavano prevedere. Oggi ne leggiamo uno molto significativo:
un centurione esprime la sua fede nell'intervento di Gesù per la guarigione di
un suo servo.
La distanza tra i pagani e il popolo eletto si manifesta nell'atteggiamento di
quest'uomo, che umilmente non vuole nemmeno disturbare il Signore: non lo
chiama, non lo invita ad andare a casa sua, lo prega di comandare da lontano
alla malattia: "Comanda con una parola e il mio servo sarà guarito".
Però, d'altra parte, questa manifestazione di fede dimostra che la grazia
lavorava anche nel cuore dei pagani, con risultati meravigliosi, anzi Gesù
esclama: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così
grande!". La Chiesa ha scelto, proprio per il momento prima della
comunione, le parole del centurlone:
"Non sono degno che tu venga nella mia casa, ma di' soltanto una parola e
la mia anima sarà guarita.
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Martedì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,11-17)
Ragazzo,
dico a te, àlzati!
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,11-17)
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i
suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un
morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era
con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non
piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi
disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare.
Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è
sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si
diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Il racconto della risurrezione del figlio della vedova di
Nain presenta due atteggiamenti di Gesù: la sua compassione e il miracolo che
egli compie. Spontaneamente noi siamo portati a rilevare più il miracolo, ma la
cosa più grande è la compassione di Gesù:
"il Signore ne ebbe compassione, e le disse: "Non piangere!". E
accostatosi toccò la bara". E il figlio di Dio che si avvicina, si fa
prossimo al dolore umano e gli offre consolazione, senza neppure esserne
richiesto: "Giovinetto, dico a te, alzati! E lo diede alla madre".
L'espressione di Luca è identica a quella che troviamo nel Libro dei Re al
racconto della risurrezione del figlio della vedova per mezzo di Elia e
anticipa il giudizio del popolo: "Un grande profeta è sorto tra noi".
Gesù è un grande profeta, come Elia, come Eliseo.
Qui l'evangelista chiama Gesù "Signore", per la prima volta dopo il
racconto della nascita: la vittoria sulla morte incomincia a manifestare Gesù
come Signore, padrone di tutte le cose, della vita e della morte. Così si fa
chiaro il significato messianico di questo episodio.
Soltanto Luca, tra gli evangelisti, riporta questo miracolo, che mette in
evidenza la tenerezza di Gesù per gli umili e i poveri, come tanti altri passi
del Vangelo lucano, nel quale la misericordia divina risplende in modo
particolare.
Ringraziamo il Signore di essersi fatto conoscere da noi attraverso gli occhi
dei suoi evangelisti e apriamo il cuore alla sua carità, alla sua compassione,
perché egli lo trasformi e lo renda davvero sempre più assomigliante al suo.
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Mercoledì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,31-35)
Ma la Sapienza è stata riconosciuta
giusta da tutti i suoi figli.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,31-35)
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È
simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!".
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e
voi dite: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e
voi dite: "Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di
peccatori!".
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi
figli. Lc 7, 35 "Gesù e la sapienza".
Luca ci narra di un Gesù sempre in movimento: di paese in paese, dal nord della
Palestina, attraverso la Samaria, fino a Gerusalemme. Un muoversi mirato,
motivato dal desiderio di raggiungere il cuore delle situazioni che vincolano o
liberano l'uomo. Abbiamo visto Gesù affrontare la malattia e la morte. Oggi
egli constata e si ferma sulle bizze dell'uomo! Un atteggiamento infantile,
logico da ritrovarsi nei bambini, fuori luogo negli adulti che manifesta quel
non essere mai contenti, mai soddisfatti di nulla. Quella propensione a vedere
il negativo dappertutto e criticare chiunque e qualunque cosa, perennemente
alla ricerca dell'isola che non c'è. Lo scuotimento di cui sono intrise le
parole di Gesù, vuole che si aprano gli occhi sulla Sapienza. Scritta con la S
maiuscola, questa citazione ci rimanda al libro scritto pochi decenni prima
della nascita di Gesù, oggi l'ultimo dell'antico testamento, il libro che parla
della personificazione della sapienza che testimonia al mondo che Dio ha fatto
l'uomo a sua immagine, per l'immortalità. Sono i figli che hanno nel loro DNA
la capacità di riconoscere la Sapienza e di goderne la giustizia.
Signore donaci la sapienza e fa' che le nostre scelte, le nostre interpretazioni
siano sempre in sintonia con la tua giustizia.
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Giovedì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno A
SAN MATTEO
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9.9-13)
Io non sono venuto infatti
a chiamare i giusti, ma i peccatori.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9.9-13)
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto
al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori
e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i
farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme
ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: "Misericordia io voglio e non
sacrifici". Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola
del Signore.
RIFLESSIONE
Nel Vangelo odierno Matteo stesso racconta la propria
chiamata da parte di Gesù. San Gerolamo osservava che soltanto lui, nel suo
Vangelo, indica se stesso con il proprio nome: Matteo; gli altri evangelisti,
raccontando lo stesso episodio, lo chiamano Levi, il suo secondo nome,
probabilmente meno conosciuto, quasi per velare il suo nome di pubblicano.
Matteo invece insiste in senso contrario: si riconosce come un pubblicano
chiamato da Gesù, uno di quei pubblicani poco onesti e disprezzati come
collaboratori dei Romani occupanti. I pubblicani, i peccatori chiamati da Gesù
fanno scandalo.
Matteo presenta se stesso come un pubblicano perdonato e chiamato, e così ci fa
capire in che cosa consiste la vocazione di Apostolo. E prima di tutto
riconoscimento della misericordia del Signore.
Negli scritti dei Padri della Chiesa si parla sovente degli Apostoli come dei
"principi"; Matteo non si presenta come un principe, ma come un
peccatore perdonato. Ed è qui ripeto il fondamento dell'apostolato: aver
ricevuto la misericordia del Signore, aver capito la propria povertà e
pochezza, averla accettata come il "luogo" in cui si effonde
l'immensa misericordia di Dio: "Misericordia io voglio; non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori".
Una persona che abbia un profondo sentimento della misericordia divina, non in
astratto, ma per se stessa, è preparata per un autentico apostolato. Chi non lo
possiede, anche se è chiamato, difficilmente può toccare le anime in
profondità, perché non comunica l'amore di Dio, l'amore misericordioso di Dio.
~ vero Apostolo, come dice san Paolo, è pieno di umiltà, di mansuetudine, di
pazienza, avendo esperimentato per se stesso la pazienza, la mansuetudine e
l'umiltà divina, se si può dire così: l'umiltà divina che si china sui
peccatori, li chiama, li rialza pazientemente.
Domandiamo al Signore di avere questo profondo sentimento della nostra pochezza
e della sua grande misericordia; siamo peccatori perdonati. Anche se non
abbiamo mai commesso peccati gravi, dobbiamo dire come sant'Agostino che Dio ci
ha perdonato in anticipo i peccati che per sua grazia non abbiamo commesso.
Agostino lodava la misericordia di Dio che gli aveva perdonato i peccati che
per sua colpa aveva commesso e quelli che per pura grazia del Signore aveva
evitato. Tutti dunque possiamo ringraziare il Signore per la sua infinita
misericordia e riconoscere la nostra povertà di peccatori perdonati, esultando
di gioia per la bontà divina.
IL VANGELO DEL GIORNO XXIV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Venerdì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,1-3)
Gesù se ne andava per città e villaggi
annunciando il regno di Dio.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,1-3)
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando
la buona notizia del regno di Dio.
C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti
cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti
sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e
molte altre, che li servivano con i loro beni. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Nella sua vita pubblica Gesù ha suscitato la dedizione di
molte donne, che lo seguivano assistendo generosamente con i propri beni lui e
i Dodici. Certamente esse non "consideravano la pietà come fonte di
guadagno", come san Paolo scrive a Timoteo. Erano donne che erano state
guarite e liberate dal Signore e per questo gli erano devote, avendo ricevuto
da lui il vero senso della loro vita. Tutti gli evangelisti parlano di queste
donne, ma gli altri solamente alla fine del Vangelo, nel racconto della passione,
perché esse furono fedeli fino alla fine, mentre gli Apostoli si erano
dispersi. E le troviamo al mattino della risurrezione, perché furono le prime a
giungere al sepolcro.
Gesù capisce profondamente il cuore delle donne, ne conosce la generosità, la
profondità dei sentimenti e vuole che le donne siano con lui, perché gli sono
utili nel suo ministero. Egli ha chiamato i Dodici perché stessero con lui, e
ha chiamato, perché stessero con lui, anche queste donne.
Luca, dicevo, è l'evangelista che ne parla di più, perché il suo è il Vangelo
dei rapporti personali, intimi con il Signore, della dedizione a lui. San
Matteo ha una prospettiva più ampia: parla a tutta la Chiesa; san Marco è
specialmente preso dal mistero della persona di Gesù; Luca invece è proprio
l'evangelista della donazione personale al Signore e per questo è più
interessato ai rapporti interpersonali, più sensibile al ruolo delle donne
nella vita di Gesù e dei suoi apostoli. San Matteo, per esempio, parla
dell'infanzia di Gesù dal punto di vista di Giuseppe, mentre Luca si pone nella
prospettiva di Maria e riporta nel suo Vangelo molti episodi in cui compaiono
le donne, che gli altri evangelisti non hanno conservato: per esempio la
risurrezione del figlio della vedova di Nain. Ed è ancora solo Luca che, al
momento della passione, parla del pianto delle donne di Gerusalemme.
Preghiamo perché gli Apostoli e i cristiani del nostro tempo sappiano evitare
tutte le contese, le questioni oziose, che non sono la vera, la sana dottrina
secondo la pietà. Preghiamo perché sappiano evitare la grande tentazione della
ricerca del denaro. Preghiamo per coloro che vogliono arricchirsi ad ogni
costo, perché capiscano che il desiderio smodato del denaro è la radice di
tutti i mali. Preghiamo perché gli Apostoli e tutti i cristiani tendano ai veri
beni: la fede, la carità, la pazienza, la mitezza. E chiediamo che tutti siano
guariti "da spiriti cattivi e da infermità", come le donne di cui
parla il Vangelo. Preghiamo perché tutti possano raggiungere la vita eterna
alla quale sono chiamati.
IL VANGELO DEL GIORNO XXIV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Sabato della XXIV settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Pio da Pietrelcina
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,4-15)
Il seminatore uscì a seminare il suo seme.
Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 8,4-15)
In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da
ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo
seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli
uccelli del cielo la mangiarono. Un'altra parte cadde sulla pietra e, appena
germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un'altra parte cadde in mezzo ai
rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un'altra parte cadde
sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo,
esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli
disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo
con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi
caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo
e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano
salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la
Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo
della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo
aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni,
ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno
buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono,
la custodiscono e producono frutto con perseveranza. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
San Pio nacque a Pietrelcina presso Benevento (Italia) nel 1887. Entrò nell'ordine dei Frati minori cappuccini e, promosso al presbiterato, esercitò con grandissima dedizione il ministero sacerdotale soprattutto nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia. Servì nella preghiera e nell'umiltà il popolo di Dio attraverso la direzione spirituale, la riconciliazione dei penitenti e una particolare cura per i malati e i poveri. Pienamente configurato a Cristo Crocifisso, portò a compimento il suo cammino terreno il 23 settembre 1968.
La custodiscono e producono frutto con perseveranza
Perché sulla terra si costruisca il regno dei cieli la sola cosa necessaria è
che venga seminata la Parola di Dio. Uno può essere l'uomo più pieno di carità
di questo mondo, può dare anche il suo corpo per essere mangiato, tutte le sue
sostanze per essere consumate, ma se non annunzia la Parola il regno dei cieli
non nasce nei cuori. La carità, l'elemosina, ogni altra opera di bene serve per
accreditarci come veri discepoli di Gesù. La carità ci accredita, la semina
della Parola ci fa suoi missionari, ci costituisce costruttori del regno di Dio
sulla nostra terra. Sostituire la Parola con la carità è stoltezza, è
tentazione di Satana. La carità si aggiunge, non è mai sostitutiva.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla
terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto
ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo» (Mt 28,18-20).
I discepoli devono andare, fare discepoli di Gesù tutti i popoli, battezzandoli
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a
osservare tutto ciò che Lui ha comandato, cioè la Parola, il Vangelo. Perché
questo non avvenga Satana si serve di due potentissime tentazioni: la
sostituzione della Parola di Gesù con la parola dell'uomo, sia essa anche
teologica, filosofica o di altra natura; la sostituzione della Parola con le
opere della carità. Una doccia e un piatto caldo vengono dati al posto della
Parola. Così però nessun regno di Dio verrà mai edificato nel mondo.
Il missionario di Gesù deve sapere che non tutta la sua Parola produrrà frutti
di vita eterna. Parte di essa cade sulla strada e viene divorata dagli uccelli.
Parte cade sul terreno sassoso e non ha alcuna vitalità da parte della terra e
per questo secca ai primi raggi del sole. Parte cade tra le spine e queste la
soffocano e le impediscono di produrre frutti. Parte però cade sul terreno
buono ed essa produce cento volte tanto. La Parola va seminata su ogni terreno.
Il missionario non può stabilire lui su quale terreno seminare. Lui è mandato
per dare la Parola a tutti sempre.
Mai si dovrà scoraggiare se vede che alcuni terreni non producono alcun frutto.
Anche questo fa parte della sua missione: la non fruttificazione della Parola.
A lui non è stato chiesto di vigilare su chi fruttifica e su chi non
fruttifica. Il suo compito è specifico: seminare sempre, su ogni terreno. Ogni
altra cosa è compito della grazia, dello Spirito Santo. Far fruttificare è il
compito di Dio. Se però noi non seminiamo ininterrottamente, Dio mai potrà far
fruttificare il suo seme. Non lo abbiamo posto nei cuori.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminatori della
Parola.