TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la
legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per
presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio
primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che
aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo
Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza
prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino
Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse
tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la
caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e
anche a te una spada trafiggerà l'anima –, affinché siano svelati i pensieri di
molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era
molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo
matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si
allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e
preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e
parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno
in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava,
pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Incredibile! Gesù, la sorgente di vita, il Redentore, la luce dei non credenti,
l'onore di Israele, è destinato ad essere un segno di contraddizione; egli che
è chiamato a portare la redenzione dovrà, nello stesso tempo, essere la spina
che provocherà la perdita di molti uomini. E colei che ha dato alla luce il
Redentore, che ha unito in sé l'amore di Dio e quello dell'uomo, è destinata a
sopportare il dolore della spada che trapassa il cuore!
Tutto ciò sembra strano, eppure è stato proprio così: l'incredibile è successo.
La profezia di Simeone si compie nella sua totalità nei secoli.
Il cuore di Maria ha conosciuto il dolore di sette spade che lo trapassavano
quando lei tremava per la vita del Bambino durante la fuga in Egitto; quando lo
vedeva sfinito, non compreso, umiliato nel suo apostolato; quando venne arrestato,
processato, torturato, e quando lo accompagnò nella via della croce, vedendolo
soffrire e morire sulla croce. Ancora oggi Maria continua a soffrire con noi
quando pone il suo sguardo sulle nostre pene e sulle nostre sofferenze,
continua a soffrire con noi che rischiamo, coi nostri peccati, di perderci.
È raro vedere un ritratto o una statua della Madonna sorridente, mentre quasi
in ogni chiesa vediamo rappresentata Maria addolorata.
Gesù è venuto dai suoi, ma i suoi non l'hanno accolto (Gv 1,6); ha portato la
luce, ma il mondo è rimasto nelle tenebre. Gesù cercava la redenzione di tutti,
ma molti l'hanno respinto, hanno lottato contro di lui. Per costoro è divenuto
un segno di condanna. Per questo è segno di divisione: ognuno di noi porta in cuore
delle contraddizioni e si scontra con degli ostacoli per seguire Gesù. Dobbiamo
imparare ad accogliere il suo amore.
Noi tutti abbiamo nostalgia dell'amore. Ma la nostalgia non basta. Occorre che
i raggi dell'amore ci raggiungano e si infiammino per divenire un grande fuoco
che ci scaldi e che ci dia il coraggio di vivere e di sacrificarci in nome di
Cristo, affinché la Madre di Dio possa guardarci non più con le lacrime agli
occhi, ma col sorriso.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,1-20)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all'altra riva del mare, nel
paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro
un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato,
neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma
aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo.
Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si
percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce,
disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome
di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da
quest'uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione –
gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché
non li cacciasse fuori dal paese.
C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo
scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo
permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la
mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono
nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle
campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù,
videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto
dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che
cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a
pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di
poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va' nella tua casa,
dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha
avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello
che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Nel Vangelo di oggi, un racconto vivo, pittoresco, secondo lo stile di Marco ci
sono molte lezioni per noi.
C'è un uomo in uno stato spaventoso: "Posseduto da uno spirito immondo...
nessuno riusciva a domarlo; continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui
monti, gridava e si percuoteva con pietre". E poi lo vediamo liberato,
tranquillo, sano di mente. E c'è un branco di porci, numeroso (circa duemila,
dice Marco) che affogano uno dopo l'altro nel mare. La gente vede l'una e
l'altra cosa e, in conclusione, "si misero a pregarlo di andarsene dal
loro territorio". Sono accecati dall'egoismo, non vedono che la
liberazione di un uomo è molto più importante di un danno materiale, non
capiscono che la guarigione di questo indemoniato è anche per loro promessa
della liberazione, della salvezza portata da Gesù. Senza la fede è veramente
impossibile capire qualcosa nella vita.
Anche nella lettera agli Ebrei ci parla ancora della fede, in due quadri
opposti, che potremmo intitolare: vittorie e sconfitte della fede. Per la fede
i Giudici, i Profeti, hanno fatto grandi cose: "Conquistarono regni,
esercitarono la giustizia, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza
del fuoco...". Poi viene l'altro quadro: "Torturati, lapidati,
segati, uccisi di spada", sempre per la fede. E queste
"sconfitte" sono più meravigliose ancora, perché sono prova di una
fede più forte, che non si lascia sconcertare dagli avvenimenti, né accetta
l'apostasia per la liberazione. Anche in Gesù vediamo i due quadri: Gesù che
compie miracoli e suscita l'ammirazione delle folle; Gesù nella sua passione;
condannato, deriso, crocifisso, morto.
Seguendolo nella fede, dobbiamo vivere realmente di fede. Anche nella nostra
vita ci sono successi e insuccessi, cose che ci consolano e altre che ci
desolano ed è solo la fede che ci fa approfittare delle une e delle altre. Le
cose positive ci fanno vedere la fecondità della fede, ma sappiamo che sono
terrestri e che dobbiamo oltrepassarle; le cose negative ci aiutano a
rivolgerci alle cose del cielo, a cercare i veri valori spirituali. Così saremo
uniti al mistero di morte e di risurrezione di Gesù e con lui riporteremo
vittoria sul mondo: "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo".
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5, 21-24.35-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si
radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi
della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e
lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si
stringeva intorno.
Dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché
disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo
della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di
seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che
piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La
bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori,
prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed
entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità
kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si
alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande
stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse
di darle da mangiare. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Chi ha toccato le mie vesti?
La fede in Gesù deve essere illimitata. Nessun dubbio mai sulla sua
onnipotenza, grazia, verità, luce, santità, sapienza, esemplarità, amore,
misericordia, pietà, compassione, parola. Un solo dubbio e si cade dalla vera
fede. Una sola incertezza e si affonda. Quando si cammina con Gesù dobbiamo
fidarci di Lui in modo pieno. Lui può sempre dare vita alla nostra morte,
salute alle nostre infermità, liberazione dai nostri peccati, sapienza alla
nostra stoltezza, verità ai nostri infiniti errori.
Giàiro chiede a Gesù che si rechi a casa sua per guarire la sua figlioletta che
sta morendo. Gesù accoglie la preghiera di questo padre afflitto e si incammina
con lui. Nel frattempo sopraggiunge la morte. Gesù può ancora intervenire?
Giàiro non lo sa. Gesù però lo sa e lo invita a continuare ad avere fede. La
fede è un processo che inizia nel finito ma si consuma nell'infinito, non vi è limite
per essa. Porre un limite alla fede è ridurla ad una pura e semplice verità, è
sganciarla dall'Autore che è Dio, al quale nulla è impossibile. Gesù così ci
insegna che la fede va sempre aiutata a consumarsi nel suo infinito, nella sua
eternità, in Dio. Senza aiuto, la fede si riveste di limite ed è morta. Questo
rischio lo si corre ogni giorno. È facile rivestire la fede di finito e di
limite.
La donna dalla malattia inguaribile possiede invece una fede senza alcun
limite. La sua è fede particolarissima. È una fede senza parola. Essa va dal
suo cuore al cuore di Cristo in modo diretto. Lei è attenta conoscitrice di
Gesù Signore. Ha studiato ogni sua azione. Ha meditato su ogni racconto su di
Lui. Ha ragionato, dedotto, concluso: "Se riuscirò anche solo a toccare le
sue vesti, sarò salvata". Toccare le vesti di Gesù è guarire, è ritrovare
la vita dentro di sé. Questa donna ci insegna che non sempre dobbiamo
manifestare pubblicamente ciò che siamo. Vi è in ogni uomo una sfera di
riservatezza che è giusto nascondere gelosamente. La donna non vuole che il
mondo sappia della sua impurità rituale costante. Non vuole neanche mettere in
difficoltà Gesù. Di certo non lo avrebbe reso impuro toccandolo. Gesù è la
santità purissima e nessuno lo potrà mai rendere impuro. Se è giusto nascondere
i nostri segreti, non è però giusto tenere nascoste le cose di Dio. La donna
deve ora confessare la sua fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede vera,
pura, santa.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando,
rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza
è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?
Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di
Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era
per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra
i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma
solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro
incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù oggi si meraviglia per l'incredulità dei cristiani che non osservano i
Comandamenti e vivono come se Dio non esistesse. È grande la sua meraviglia nel
constatare l'indifferenza religiosa in quanti dovrebbero invece infiammare con
l'Amore di Dio i cuori di tutti.
Il Vangelo ci presenta il pregiudizio dei compaesani di Gesù quando Lo videro
tornare a Nazaret ed avevano sentito che a Cafàrnao aveva compiuto grandi
miracoli. Se la meraviglia di Gesù nei loro confronti era oggettivamente
valida, la loro meraviglia in realtà era solo invidia, l'unica risposta che
riuscirono a dare alla visita di un loro conoscente, che quantomeno doveva
essere un Profeta di Dio.
L'invidia acceca l'intelletto e fa scaturire pensieri inesistenti, sono anche
maliziosi e sempre tendenti al pessimismo, a rendere negativo ciò che è
limpido, bello e puro. L'invidia inizialmente rovina la vita di chi la coltiva
e non riesce a vincerla, rovina anche la vita di quanti vengono colpiti dalle
cattiverie e dalle calunnie.
L'invidia non brama solo quello che posseggono gli altri, la sua pericolosità
sta nell'associare al rancore anche il desiderio di distruzione.
I compaesani di Gesù provarono inizialmente invidia nei suoi confronti per la
grande popolarità che si era estesa nella regione e che innalzava il Signore
come un grande Profeta, ma scattò subito dopo il rancore, fino a desiderare il
male.
Oggi San Marco ci presenta la reazione sdegnata dei nazaretani, San Luca
aggiunge un particolare interessante e sorprendente che ci presenta questa
gente ancora più cattiva, logorata e irragionevole.
Nel racconto della prima visita di Gesù a Nazaret, San Luca afferma che essi
"si levarono, Lo cacciarono fuori della città e Lo condussero fin sul ciglio
del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio"
(Lc 4,29).
Arrivarono alla decisione estrema di far morire la Persona che arrecava loro
una sofferenza incontrollabile, così si sviluppa l'invidia.
E' lo Spirito Santo a suggerire al Profeta Ezechiele queste parole: «Figlio
dell'uomo, Io ti mando ai figli d'Israele, a una razza di ribelli, che si sono
rivoltati contro di Me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino
ad oggi.
Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai
loro: "Dice il Signore Dio". Ascoltino o non ascoltino dal momento che sono una
genìa di ribelli, sapranno almeno che un Profeta si trova in mezzo a loro».
Quando divenne inutile la predicazione di tutti i Profeti inviati da Dio in
Israele per convertirli, inviò suo Figlio ed Egli aveva sia il compito di
convertirli che di redimerli.
Tutta la vita di Gesù fu caratterizzata dalle incomprensioni causate dagli
invidiosi, di quanti avevano altri progetti religiosi e politici.
Ancora oggi le parole di Ezechiele valgono per l'umanità, per ognuno di noi,
precisamente per quanti hanno incontrato Gesù e sono rimasti con il cuore
indurito, indifferenti alla sua Volontà, presi da tanti interessi umani e
oramai convinti di prediligere solo la loro volontà.
Gesù non esiste per questi cristiani.
Oggi noi non abbiamo solo la certezza che Gesù ci vede e ci aiuta nella misura
della nostra richiesta, ancora di più Lo troviamo ad attenderci nel Tabernacolo
per elargirci grandi Grazie, per sostenerci nella vita sofferente ed aiutarci a
vincere tutti i nemici.
Dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi. Le sue sofferenze erano
indicibili a causa della predicazione del Vangelo e delle dispute con
incalcolabili nemici che volevano eliminarlo. Pregava molto Gesù e la risposta
fu questa: "Ti basta la mia Grazia; la forza infatti si manifesta pienamente
nella debolezza".
A queste parole del Signore, San Paolo trovò finalmente la pace e sopportò la
sofferenza con maggiore forza interiore. Scriveva alla comunità di Corinto: "Mi
vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la
potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi,
nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo:
infatti quando sono debole, è allora che sono forte".
Comprese che nella debolezza l'uomo prega di più e sopporta con eroismo le
avversità. Quando l'uomo perde le sue certezze scopre la vera vita ed inizia a
vivere nella Verità, senza più esaltazioni e manie di grandezza.
Quando noi scopriamo la grande forza che ci arriva dalle sofferenze, allo
stesso tempo scopriamo davvero la presenza di Gesù nella nostra vita. Senza
questa consapevolezza si continua a vivere "fuori di sé", senza un vero
controllo delle scelte che si compiono, senza un sincero confronto con gli
insegnamenti di Gesù e la propria coscienza.
Il Signore ci dà il suo aiuto quando lo chiediamo, è contento di aiutarci a
superare gli ostacoli, le tentazioni e ogni genere di difficoltà.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù, per la prima volta, invia i suoi apostoli in missione di
evangelizzazione. Egli vuole che essi facciano, sotto la sua direzione,
l'esperienza di quella che sarà la loro vita di pescatori di uomini. Egli pensa
che essi abbiano capito che ciò che egli ha condiviso con loro non è destinato
solo a loro.
L'insegnamento che essi hanno ricevuto non è per un piccolo gruppo di iniziati
privilegiati. Un giorno essi dovranno "andare per tutto il mondo e predicare il
vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).
Questa evangelizzazione deve sgorgare dall'abbondanza del cuore, dal bisogno di
condividere le "ricchezze" che hanno ricevuto. Poiché essi non sono dei
propagandisti, ma dei testimoni. Non sono degli stipendiati, ma dei volontari:
"Ciò che avete ricevuto gratuitamente, datelo gratuitamente" (Mt 10,8).
Ecco perché il Signore insiste sulla povertà: una sola tunica, un solo paio di
sandali, il bastone del pellegrino. Essi devono essere accolti non a causa dei
loro abiti eleganti, ma a causa della convinzione che mostrano le loro parole e
la loro condotta.
Quanto alla loro sussistenza, ci sarà sempre un credente in ogni città che vi
provvederà. Uno solo è sufficiente, non bisogna andare ogni giorno in una casa
diversa. Non cadano nella tentazione di essere ospiti d'onore ogni giorno in
una casa.
Ciò potrebbe distrarli dalla loro missione. Abbiamo sempre la tentazione di
farci coccolare... E se nessuno ci ascolta, è molto semplice: bisogna scrollare
la polvere dai sandali e ripartire, a digiuno, verso il prossimo villaggio.
La nostra grande tentazione oggi nell'evangelizzazione è di puntare troppo sui
mezzi piuttosto che sul contenuto, su una presentazione piacevole piuttosto che
sulla convinzione interiore. Gesù non condanna i mezzi, ma ci ricorda che la
fede, la generosità, la dimenticanza di sé, la convinzione personale
dell'apostolo sono il canale attraverso il quale può penetrare nei cuori il
messaggio di Dio.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,14-29)
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era
diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per
questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri
ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne
parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in
prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva
sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la
moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere,
ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava
su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava
volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un
banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali
dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa
Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla
fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte:
«Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno».
Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La
testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la
richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di
Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e
dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di
Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un
vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I
discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo
posero in un sepolcro. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Giovanni sigilla la sua missione di precursore con il martirio. Erode Antipa,
imprigionatolo nella fortezza di Macheronte ad Oriente del Mar Morto, lo fece
decapitare (Mc 6, 17-29). Egli è l'amico che esulta di gioia alla voce dello
sposo e si eclissa di fronte al Cristo, sole di giustizia: «Ora la mia gioia è
compiuta; egli deve crescere, io invece diminuire» (Gv 3, 29-30). Alla sua
scuola si sono formati alcuni dei primi discepoli del Signore (Gv 1, 35-40).
Fin dal sec. V il 29 agosto si celebrava a Gerusalemme una memoria del
Precursore del Signore. Il suo nome si trova nel Canone Romano.
A motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
Cosa non si arriverebbe a fare per fare bella figura con gli amici?
Quante persone sono disponibili ad andare contro i propri principi per
compiacere coloro che hanno gli occhi puntati su di lui, per non farsi prendere
in giro, per apparire belli.
Quanti ragazzi con l'animo buono hanno rovinato la loro vita per essere
accettati da un gruppo, drogandosi perché tutti lo facevano, stuprando perché
il gruppo così faceva, rubando per non essere da meno degli altri.
Non solo i ragazzi, ma tutti noi barattiamo spesso i nostri principi in cambio
di un apprezzamento che ci venga rivolto da chi ci sta intorno, vendiamo la
nostra anima per conquistarci un pezzetto di notorietà.
Le persone che ci chiedono di ricusare i nostri valori non possono dirsi amici,
sono parte di un mostro con le grandi fauci ma con le sembianze di una dolce
ragazza, suadente, sorridente, un mostro pronto a divorarci da dentro non
appena ci concediamo a lui, un mostro che ci svuota della nostra essenza più
preziosa.
Ai miei ragazzi dico sempre di camminare a testa alta, di non andare mai contro
le cose in cui credono perché nella vita non è importante avere tanta gente
intorno, è invece meraviglioso avere vicino gli amici, pochi o tanti poco
importa, purché siano Amici veri, coloro che non ti chiederanno mai di andare
contro un tuo principio, coloro che ti accetteranno anche se la pensassero
diversamente da te, quelli che ti criticheranno con amore se metterai un piede
in fallo.
A volte è difficile discernere, ma il mostro, prima o poi, toglierà la veste
della dolce fanciulla e si mostrerà per quello che è, ed allora allontanati da
lui prima che ti divori, esci da quel gruppo che si comporta male.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,30-34)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto
quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano
infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li
videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li
precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché
erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La Scrittura ci rivela che il riposo è vita per l'uomo. Il Signore non ha
creato una macchina a ciclo continuo, senza alcuna interruzione. Ha fatto il
giorno per il lavoro, la notte per il riposo. In più ha stabilito che l'uomo
lavori sei giorni, ma il settimo sia dedicato al riposo, con l'obbligo di
astenersi da ogni lavoro manuale che di solito viene effettuato nei giorni di
fatica. Al riposo sono anche obbligati gli animali di cui l'uomo si serve come
aiuto. Dio stesso creò l'universo distinguendo notte e giorno e Lui stesso si
riposò il settimo giorno.
Nella creazione l'uomo non è signore di nessuna cosa. Non è signore del suo
corpo, del suo spirito, della sua anima, dell'intera sua vita, del suo respiro.
Signore dell'uomo è Dio. Non è signore della terra, delle acque, dell'aria,
degli alberi, degli animali, di tutto ciò che è animato o inanimato. Signore è
Dio. Non è signore degli altri uomini, creati da Dio uguale a lui in dignità.
Signore, unico e solo Signore di tutto è Dio. Se l'uomo si appropria di se
stesso, del tempo, delle cose, degli animali, della terra, delle acque, lui
commette un furto contro il suo Dio. Facendosi signore diviene idolatra di sé.
Gesù è venuto per ricordare anche questa purissima verità. Solo Lui è Signore
del tempo, del sabato. Solo Lui può indicare modalità vere per vivere con
infinita saggezza la legge del Signore sul riposo. Oggi vede i suoi discepoli
stanchi, affaticati, perché la missione è stata per loro dura e li invita a
recarsi con Lui in un luogo segreto e lì riposare un po'. Le forze vanno
ricuperate, altrimenti il corpo crolla e non è in grado di fare bene ciò che è
suo obbligo fare. Quando non si dona al corpo ciò che è suo, il corpo mai dona
all'uomo ciò che l'uomo si attende da esso.
Oggi l'uomo ha sovvertito la legge divina sul riposo. Ha trasformato la notte
in giorno e il giorno in notte. Non riposa di notte e non lavora di giorno. Vi
è un disordine nella sua vita che va portato nella sua verità. Il corpo ha le
sue leggi. Non possono essere infrante impunemente. Tutto ciò che viene tolto
al corpo, esso se lo prende. Gli si toglie la notte, lui non lavora di giorno.
Non può lavorare. È stato privato di ciò che è suo. La Chiesa non può stare
passiva dinanzi ai disordini che l'uomo continuamente crea nella legge del
Signore. Come oggi è anche grande disordine usare il sabato per se stessi e non
invece consacrarlo al Signore, secondo quanto è stabilito dalla legge santa.
Ogni disordine nella creazione è il frutto dell'idolatria dilagante che sta
fagocitando la fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti a Dio
in tutto.