IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - LA SANTISSIMA TRINITA' - E SETTIMANA ANNO A. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
IX DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A
LA SANTISSIMA TRINITA'
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,16-18)
Dio ha tanto amato il mondo
da dare il Figlio, unigenito.
4 Giugno 2023
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,16-18)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la
vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il
mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è
condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel
nome dell'unigenito Figlio di Dio.
RIFLESSIONI
Spesso ci si immagina un "Dio" lontano, astratto, ridotto quasi a un sistema di
idee.
Soprattutto quando ci si accosta alla dottrina della Trinità.
E invece. E invece, l'essere concretissimo di Dio è comunione che liberamente
si effonde. Anzi, ci chiama a varcare la soglia della sua vita intima e
beatificante.
Non riusciamo a capire perché Dio si sia interessato di noi: più di quanto,
forse, noi ci interessiamo a noi stessi.
Proprio mentre eravamo peccatori, il Padre ha mandato il suo Figlio per
offrirci la vita nuova nello Spirito. Liberamente. Per amore. "Dio ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito".
Cristo non si impone. Non costringe ad accettarlo. Si consegna alla nostra
decisione.
È questa la vertigine della vita umana. Possiamo passare accanto al Signore
Gesù che muore e risorge, senza degnarlo di uno sguardo nemmeno distratto.
E, tuttavia, non possiamo fare in modo che egli non esista come il Dio fatto
uomo che perdona e salva. "Chi non crede è già stato condannato".
Ma se ci apriamo alla sua dilezione...
Allora Cristo si rivela come colui che ha suscitato in noi tutte le attese più
radicali. E colma a dismisura queste attese.
È la redenzione. È la grazia. È lo Spirito che abita in noi e ci conforma al
Signore Gesù.
La vita nuova, che ci viene donata, apparirà in tutta la sua gloria oltre il
tempo. Inizia qui, ed è la "vita eterna".
IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - LA SANTISSIMA TRINITA' - E SETTIMANA ANNO A. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Lunedì della IX
settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Bonifacio
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,1-12)
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d'angolo.
5 Giugno 2023
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,1-12)
In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli
scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il
torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò
lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua
parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo
mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo
picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo
uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo:
"Avranno rispetto per mio figlio!". Ma quei contadini dissero tra loro: "Costui
è l'erede. Su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra". Lo presero, lo uccisero e
lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e
darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: "La pietra che i
costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto
dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi"?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti
che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Su, uccidiamolo e
l'eredità sarà nostra!
I frutti dalla sua vigna sempre vanno dati al Signore. La vigna è sua, non
nostra. Gli appartiene per diritto eterno. La prima vigna di Dio è ogni uomo.
Ogni uomo è proprietà di Dio, proprietà per creazione, per alito di vita, per
sussistenza, per costante mantenimento in vita. Qual è il primo frutto della
vigna? Quello di riconoscere il Signore come il Signore e dare a Lui il frutto
di una obbedienza eterna. L'obbedienza si dona a Dio, donandola alla sua
Parola, ai suoi Comandamenti, alle sue Leggi.
Vigna del Signore è Israele, sono i figli di Abramo. Essi devono i frutti di
una fedeltà promessa, giurata ad un'alleanza da loro stipulata con il Signore.
All'obbedienza dovuta per creazione si aggiunge quella obbligatoria che nasce
dall'alleanza, dal patto bilaterale sancito tra essi e Dio. Il frutto è la
piena osservanza dei Comandamenti. Israele invece è immerso nella
trasgressione, nella violazione del patto. Così agendo impedisce che Dio possa
essere il suo Salvatore, il suo Custode, il suo redentore. Il Signore ama il
suo popolo. Non vuole che esso perisca e per questo ripetutamente manda loro i
suoi profeti per richiamarlo agli obblighi giurati. Ma senza successo. Anzi, i
suoi profeti vengono maltrattati, derisi, bastonati, uccisi.
Viene Gesù, il Figlio Eterno del Padre, il suo Unico Figlio. Cosa decidono i
contadini? Di ucciderlo, in modo che la vigna sia loro per sempre. È questa una
decisione che rivela il sommo della malvagità umana. Si uccide Dio per non
essere di Dio. Si vuole essere autonomi da Lui. L'uomo può anche decidere di
essere senza Dio, senza di Lui vi è solo la morte nel tempo e nell'eternità.
Una verità che l'uomo sempre deve conoscere vuole che Dio non obbliga a
scegliere Lui, a dare a Lui i frutti dell'obbedienza. Lui si annunzia come
vita. Vuoi la vita? Mi devi scegliere. Vuoi la morte? Scegli te stesso e uccidi
me. Uccidi solo la fonte eterna ed unica della tua vita. Ti incammini su un
sentiero di morte per sempre. È verità infallibile.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera obbedienza
a Dio.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,13-17)
In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in
fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai
soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via
di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo
dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla
prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?». Gli
risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a
Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
L'odio nei confronti di Gesù è riuscito a mettere insieme due partiti inconciliabili: i farisei, che conosciamo per la loro rigidezza nell'applicare le norme religiose, e gli erodiani, che, come il re cui si ispiravano, utilizzava la religione per fini politici. L'obiettivo è uno solo: mettere in difficoltà il profeta del Nord. Gli erodiani erano alleati dell'invasore romano e consideravano giusto pagare la tassa a Roma. Non così i farisei che lo consideravano un sopruso. La trappola tesa a Gesù è ben congegnata: si dimostrerà simpatizzante dei romani? Si dimostrerà un anarchico disobbediente? Ma Gesù non si lascia trarre in inganno: chiede ai farisei, che non dovrebbero tenerla, una delle monete romane con impressa l'effigie dell'imperatore. Un palese atto di idolatria. Il finale è quasi comico: Gesù chiede di pagare le tasse restituendo la moneta al legittimo proprietario di cui riporta appunto il ritratto... E ammonisce: non giochiamo con Dio, non giochiamo con Cesare! Sappiamo distinguere i vari livelli senza confonderli o piegarli arbitrariamente l'uno all'altro. Diamo a Dio ciò che gli è proprio, senza fare di Cesare un Dio o di Dio un servo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,18-27)
In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c'è
risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato
scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli,
suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello.
C'erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza.
Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo
egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì
anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà
moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non
conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti,
infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.
Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel
racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: "Io sono il Dio di Abramo, il
Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe"? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi
siete in grave errore». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il passo evangelico di oggi parla della risurrezione, la sorgente della
risurrezione è il cuore di Gesù.
Non dobbiamo concepire la risurrezione come un fenomeno materiale, un evento
fisico soltanto, un corpo morto che ridiventa vivo. Il Nuovo Testamento ci
manifesta la risurrezione come un evento di ordine spirituale profondo: per
ottenere la risurrezione la via per Gesù era trasformare la sua morte mediante
la preghiera. Non sono capace di spiegarmi bene, ma lo Spirito Santo vi farà
capire. Gesù non ha ricevuto la risurrezione in modo automatico, ma essa è
stata il frutto della sua passione. Gesù era immerso nell'angoscia al pensiero
di tante sofferenze e specialmente della morte. Il suo cuore sentì fortemente
questa angoscia, tanto da essere sopraffatto dalla tristezza, come dicono i
vangeli, dell'agonia: "La mia anima è triste fino alla morte" (Mc
14,34; Mt 26, 38); "In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il
suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra" (Lc 22,44).
Dovette trasformare questa angoscia, anzi la morte stessa per mezzo della
preghiera, dell'unione al Padre suo; dovette lottare nella preghiera perché la
via della morte si trasformasse in via dell'amore e perciò della risurrezione.
Gesù lottò contro la morte, non ribellandosi ad essa, ma per trasformarla in
sacrificio, in offerta, in apertura all'azione dello Spirito Santo, in atto di
obbedienza filiale al Padre, con la convinzione che egli poteva trasformare la
morte in varco verso la risurrezione.
Questo è il mistero più profondo, questa unione profonda dell'evento della
morte con quello della risurrezione, che si compie nel cuore del Signore. Il
cuore di Gesù è un cuore umano che ha ricevuto la potenza di Dio, dello Spirito
di Dio per trasformare la morte in cammino di risurrezione, per trasformare,
dobbiamo dire, tutto l'uomo, ottenendogli una nuova vita, una vita di figlio di
Dio, pur ancora nella vita della carne.
Chiediamo a Gesù che ci faccia penetrare un po' di più nelle profondità del suo
cuore, perché anche noi, come cristiani, siamo invitati a trasformare ogni
sofferenza, ogni nostra "via crucis" in via di risurrezione.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28-34)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il
primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico
Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua
anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo:
"Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande
di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è
unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta
l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più
di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano
dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Ci dà sempre gioia ascoltare il Signore dirci che il primo comandamento è amare
e che anche il secondo è amare: amare Dio e il prossimo, e che non c'è
comandamento maggiore. Ci dà gioia perché corrisponde in pieno al desiderio del
nostro cuore che è fatto per amare, che vuole amare. Dio, comandandoci di
amare, viene incontro a questo profondo desiderio dell'uomo.
Potrebbe sorgere in noi una domanda: se questo desiderio è così profondo in
noi, che necessità c'era di farne un comando? Non è neppure possibile comandare
l'amore, l'amore non si comanda, è spontaneo, o c'è o non c'è.
In un certo senso è vero che non si può comandare di amare. Se Dio non avesse
messo nel cuore dell'uomo l'anelito profondo verso l'amore, il suo comandamento
sarebbe veramente stato inutile. Noi dobbiamo prima ricevere da Dio il dono di
amare, per potere poi osservare questo comandamento. Però esso non è inutile,
perché l'amore non è un dinamismo spontaneo: esige la nostra collaborazione,
esige che mettiamo al suo servizio tutte le nostre capacità di pensiero, di
affetto, di azione. Amare con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la
forza non ci è dato subito, dobbiamo lentamente crescere nell'amore. Il nostro
amore è debole, è limitato, è mescolato a cose che lo inquinano e l'esperienza
ce lo conferma continuamente. E per questa ragione che il comandamento è
necessario e che in noi l'amore ha bisogno di tutte le attenzioni e di tutti
gli sforzi, come una pianticella fragile ha bisogno di cure per svilupparsi.
Nel libro di Tobìa (Tb 6,10-11;7,1.9-17;8,4-9)
abbiamo un bellissimo esempio, molto importante per l'educazione dell'amore.
L'amore dell'uomo per la donna, della donna per l'uomo è un dono di Dio, che ha
posto in noi questa profonda tendenza. Ma questo amore, nello stato di
decadenza in cui il peccato ci ha posto, è terribilmente viziato dall'egoismo;
il desiderio sessuale è un aiuto all'amore, ma in un altro senso può diventare
un grave ostacolo, se si cerca nell'altro soltanto la propria soddisfazione.
Tobia e Sara ne sono coscienti e si dimostrano fedeli all'amore. Dice infatti
Tobia a Sara: "Sara, levati, preghiamo Dio... Noi siamo figli di santi e
non possiamo unirci alla maniera di quelli che non conoscono Dio". E nella
preghiera a Dio: "Signore, tu sai che io prendo in moglie questa mia parente
non per passione, ma solo per il desiderio di una discendenza". Vediamo
dunque, in questa drammatica storia, come il dinamismo che ci spinge verso
l'amore può essere in noi profondamente bisognoso di purificazione.
Questo è vero per l'amore dell'uomo per la donna nel matrimonio, e lo è anche
nelle altre relazioni interpersonali. Sempre noi abbiamo tendenza a
strumentalizzare gli altri per i nostri fini, ad "usarli" invece di
amarli, a cercare in loro ciò che ci piace, ciò che soddisfa un nostro bisogno.
Per essere fedeli al comandamento dell'amore dobbiamo resistere a questa
tendenza, non dobbiamo lasciare che l'amore sia profanato dall'egoismo, ma
lavorare con pazienza a purificarlo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,35-37)
In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono
che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo
Spirito Santo:
"Disse il Signore al mio Signore:
Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi".
Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?».
E la folla numerosa lo ascoltava volentieri. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La nostra fede non si fonda su una parola della Scrittura, su un solo Libro di
essa, su una sola profezia. Si fonda invece su tutta la Scrittura, tutti i suoi
libri, tutte le sue profezie, ogni sua parola. Essa è formata da una miriade di
verità, alcune delle quali solo in apparenza sono in contrapposizione con le
altre, mentre in realtà sono i molteplici punti che formano la linea del
Mistero di Dio, di Cristo Gesù, dello Spirito Santo, dell'uomo, dell'eternità,
del tempo, della vita, della morte, della vittoria sulla morte, della vita
eterna. Diecimila verità fanno un solo mistero di Dio e dell'uomo.
La Scrittura ci offre verità dopo verità, profezia dopo profezia, parola dopo
parola. A noi l'obbligo, sorretti e guidati dallo Spirito Santo di unificare
ogni più piccola rivelazione al fine di comporre tutta la verità del mistero.
Come si evince dai testi il Messia viene da Dio per generazione eterna e dalla
discendenza di Davide per generazione terrena. Il mistero diviene ancora più
fitto se leggiamo cosa ci narrano gli Evangelisti Matteo e Luca. Secondo la
loro parola ispirata il Messia è nato solo da Donna, dalla Vergine Maria, per
opera dello Spirito Santo. Da Giuseppe Gesù è stato adottato. Certo la sua è
adozione speciale, particolare, è in tutto simile all'adozione di Dio verso
ogni battezzato, ma Gesù non nasce dalla sua carne. Il mistero va ben oltre
ogni profezia. È la verità di Gesù che dona compiutezza di verità ad ogni
parola della Scrittura.
Quanto Gesù dice agli scribi nel tempio di Gerusalemme vuole rivelare non solo
agli scribi di ieri, ma a tutti coloro che nel nuovo regno di Dio sono teologi,
maestri, professori, dottori, evangelisti, profeti, catechisti, ministri della
parola, che il suo mistero è così alto, così spesso, così profondo che la
stessa Scrittura è obbligata a rivelarlo per verità separate. Anche se noi
prendiamo tutte le sue verità e le uniamo le une alle altre, il mistero di Gesù
è ancora infinitamente oltre, perché il suo è il mistero nel quale sono resi
perfetti sia il mistero di Dio che il mistero dell'uomo e di tutta la
creazione. La nostra mente è troppo piccola per poter penetrare e decifrare
tutto ciò che è Gesù Signore. Ogni giorno lo Spirito Santo ci deve offrire
qualche altra luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci conoscere Gesù Signore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento:
«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere
saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei
banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.
Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti
ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine,
che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico:
questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù contrappone qui due tipi di comportamento religioso. Il primo è quello
degli scribi pretenziosi che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi
valere. Gesù riprende questo atteggiamento e lo condanna senza alcuna pietà. Il
secondo comportamento è invece quello della vedova povera che, agli occhi degli
uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei, carico di conseguenze, in quanto
si priva di ciò di cui ha assolutamente bisogno. Gesù loda questo atteggiamento
e lo indica come esempio ai suoi discepoli per la sua impressionante
autenticità. Non è quanto gli uomini notano che ha valore agli occhi di Dio,
perché Dio non giudica dall'apparenza, ma guarda il cuore (1Sam 16,7). Gesù
vuole che guardiamo in noi stessi. La salvezza non è una questione di successo,
e ancor meno di parvenze. La salvezza esige che l'uomo conformi le azioni alle
sue convinzioni. In tutto ciò che fa, specialmente nella sua vita religiosa,
l'uomo dovrebbe sempre stare attento a non prendersi gioco di Dio. Scrive san
Paolo: "Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno
raccoglierà quello che avrà seminato" (Gal 6,7).
Il Signore chiede che si abbia un cuore puro, una fede autentica, una fiducia
totale. Questa donna non ha nulla. È vedova, e dunque senza appoggio e senza
risorse. È povera, senza entrate e senza garanzie. Eppure dà quello che le
sarebbe necessario per vivere, affidandosi a Dio per non morire. Quando la fede
arriva a tal punto, il cuore di Cristo si commuove, poiché sa che Dio è amato,
e amato per se stesso. L'avvenire della Chiesa, il nostro avvenire, per i quali
le apparenze contano tanto, è nelle mani di questi veri credenti.