V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO B. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Dio onnipotente ed eterno,
porta a compimento in noi il mistero pasquale
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre
mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni
tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri,
a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la
vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come
il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete
e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore.
È durante la festa liturgica delle domeniche che vanno da Pasqua alla Pentecoste che la Chiesa propone alla lettura questi discorsi, per mostrare ai credenti cos'è infine importante per la loro vita. Attraverso un paragone, il Signore ci rivela oggi che tutti quelli che gli sono legati mediante la fede vivono in vera simbiosi. Come i tralci della vite, che sono generati e nutriti dalla vite stessa, noi cristiani siamo legati in modo vitale a Gesù Cristo nella comunità della Chiesa. Vi sono molte condizioni perché la forza vitale e la grazia di Cristo possano portare i loro frutti nella nostra vita: ogni tralcio deve essere liberato dai germogli superflui, deve essere sano e reagire in simbiosi fertile con la vite.
Per mezzo del battesimo, Cristo ci ha accolti nella sua comunità. E noi siamo stati liberati dai nostri peccati dalla parola sacramentale di Cristo. La grazia di Cristo non può agire in noi che nella misura in cui noi la lasciamo agire. La Provvidenza divina veglierà su di noi e si prenderà cura di noi se saremo pronti. Ma noi non daremo molti frutti se non restando attaccati alla vite per tutta la vita. Cioè: se viviamo coscienziosamente la nostra vita come membri della Chiesa di Cristo. Poiché, agli occhi di Dio, ha valore duraturo solo ciò che è compiuto in seno alla comunità, con Gesù Cristo e nel suo Spirito: "Senza di me non potete far nulla". Chi l'ha riconosciuto, può pregare Dio di aiutarlo affinché la sua vita sia veramente fertile nella fede e nell'amore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,6-14)
In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me,
conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto,
Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il
Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi
dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue
opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro,
credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere
che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E
qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia
glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la
farò». Parola del Signore.
La dichiarazione di Gesù prosegue: "Se conoscete me, conoscerete anche il Padre" (Gv 14,7). Conoscere Gesù significa conoscere il Padre, Dio amore. Gli apostoli conoscono già il Padre e in qualche modo lo hanno visto nel Figlio, nel suo dono di amore. La domanda di Filippo e la riposta di Gesù (Gv 14,8-10) indicano unità tra il Padre e il Figlio, così stretta che sono parole e opere di salvezza, di amore, di dono di vita. L'opera di Gesù rappresenta la prova migliore di questa unità.
Nei tre versetti seguenti, Gesù fa due magnifiche promesse. In primo luogo promette al credente che compirà opere più grandi ancora delle sue (Gv 14,12) e poi promette di ascoltare sempre la preghiera di colui che la rivolgerà al Padre nel suo nome (Gv 14,13-14).
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,27-31)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia
pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto:
"Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre,
perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga,
perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di
me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il
Padre mi ha comandato, così io agisco». Parola del Signore
Queste parole dette da Gesù fanno parte del discorso d'addio dell'Ultima Cena: sono un po' il suo testamento spirituale. Gesù prepara i suoi discepoli a vivere il futuro, quando Lui non sarà più fisicamente in mezzo a loro e verrà un altro "Consolatore (il Paraclito, lo Spirito Santo) e porterà la pace come grande dono.
La pace non è solo assenza di guerra, non è solo frutto di compromessi, ma è fondamentalmente l'insieme dei beni messianici, la serenità e la gioia della concordia e del rispetto reciproco.
Una pace che nasce dal sacrificio di Cristo sulla croce e dalla gioia della risurrezione e che si diffonde tra le persone che incarnano il messaggio di Cristo.
O Signore, fa' che tutti gli uomini si ritrovino uniti nella concordia e nella pace.
«Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi Apostoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donaci unità e pace secondo la tua volontà.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre
mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni
tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri,
a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la
vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come
il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete
e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore.
Nel capitolo 13, all'inizio quindi dei discorsi di addio, Gesù invita Giuda ad andare a compiere quello che aveva in mente: il tradimento. "Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte" (Gv 13,30). San Giovanni precisa che era notte non solo per il buio che oscurava tutto, era notte soprattutto nella mente di Giuda. Aveva perduto la sua anima, non "vedeva" più tutto il bene compiuto da Gesù né le sue parole cariche di amore e di perdono.
Quindi, nei memorabili discorsi d'addio di Gesù non è presente Giuda, dal versetto 31 del capitolo 13 fino a tutto il capitolo 17.
Questo ci dice che Gesù vuole confidarsi solamente con chi Lo ama, ascolta e pratica i suoi insegnamenti. Non si rivolge a quanti vivono una Fede ballerina, egoista, personale. E risultano non credibili quanti si attribuiscono carismi e rivelazioni, conducendo una vita in opposizione ai Comandamenti, agli insegnamenti del Signore. "Dai loro frutti li riconoscerete".
La Parola di oggi ci dice che si rimane attaccati alla Vite che è Gesù, compiendo la sua Volontà, osservando i Comandamenti, e non tanto per alcune preghiere che si recitano o per la partecipazione senza interesse ed inconsistente alla Santa Messa.
Il cristiano è spiritualmente vivo e operoso solo se rimane legato alla Vite, solo con la linfa divina è un tralcio vivo. È impegnativo, lo sappiamo, ma quanti sacrifici inutili si compiono nella giornata e si valutano come indispensabili? Solo la comunione con Gesù è essenziale, tutto il resto passa e si lascerà in questo mondo.
Certo, la vita è meravigliosa e va vissuta nei suoi svariati diversivi, senza però perdere la comunione con Dio. Un tralcio si stacca definitivamente dalla vite e secca, gli uomini invece rimangono legati anche quando sbagliano e si pentono, ma il tralcio potrà spezzarsi definitivamente quando gli errori gravissimi sono continuativi e deliberati.
Per evitare il distacco dalla Vite bisogna rinnegarsi, vincersi in quei comportamenti opposti alle virtù. I cristiani sono benedetti anche per la Legge morale che li illumina sul percorso da fare e indica le cose giuste da compiere. Innanzitutto, il tralcio, cioè il cristiano, deve tagliare quei germogli che disperdono il fervore spirituale, come l'erbaccia e i cespugli attorno agli alberi che assimilano e tolgono la linfa agli alberi.
Gesù inoltre spiega che il Padre pota perché il tralcio porti più frutto. Quindi, il Padre per distaccare i buoni cristiani da idoli e da comportamenti sbagliati, permette la loro purificazione, e viene chiamata benedetta per l'eliminazione del male spirituale presente nel cristiano.
Spesso si vivono prove dolorose e sofferenze inspiegabili, proprio qui il cristiano ha la grande opportunità di fermare la tumultuosa corsa della sua vita e capire gli avvenimenti tramite la preghiera. Chi incontra la sofferenza comincia a riflettere sulla vita, prega e abbandona le cose futili, scopre la gioia incontrando Gesù.
Dio Padre non manda sofferenze né vuole la malattia degli uomini, in certi casi la permette per potare quei cespugli spigolosi che tanta tristezza e confusione causano nei buoni. Impegniamoci noi a cercare i germogli negativi che fanno parte della nostra vita e sradichiamoli per crescere nella Fede, trovare stabile gioia e pace interiore.
Ognuno di noi ha la possibilità di compiere buone opere spirituali e portare molto frutto, questo è il compito dei veri discepoli del Signore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,9-11)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche
io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena». Parola del Signore.
La gioia è la manifestazione del credente che nulla antepone all'amore di Dio e vive alla presenza di Cristo. Dio ci ha amato per primo e si è manifestato nel suo Figlio, che per noi ha sofferto ed è risorto. Per provare la gioia, il cristiano deve restare nell'amore di Dio, cercare di fare la sua volontà, sopportare le prove inevitabili della vita, senza cedere alla disperazione o allo sconforto.
La gioia che ci dona il Cristo non è una manifestazione passeggera e spontanea di un sentimento, non è una emozione momentanea, ma è una predisposizione del cuore e dell'anima che ha la sua sorgente nello Spirito Santo. Se crediamo veramente in Dio, dimoriamo nel suo amore, avvertiamo la tenerezza di sentirci compresi, considerati e amati e diffondiamo gioia attorno a noi.
Attraverso la preghiera, la lettura meditata della Paola di Dio e soprattutto attraverso la carità e il servizio concreti ai bisognosi, noi cambiamo la nostra vita e la gioia diventerà una caratteristica fondamentale del nostro essere cristiani. La gioia, come il bene, si diffonde da se stessa: se incontriamo una persona gioiosa, quasi spontaneamente anche noi ci sentiamo portati a gioire.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,12-17)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato
voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate
e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che
chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi
amiate gli uni gli altri». Parola del Signore.
Cristo ha chiamato i suoi discepoli "amici" dopo aver condiviso la sua vita e il suo insegnamento, e ha donato loro il segno più grande sacrificandosi sulla croce. L'amicizia supera ogni barriera (etnica, linguistica, sociale, ecc.), anzi unisce nella concordia e nella pace. Pur provenendo da ambienti e culture diverse, i cristiani sono uniti nel cuore e nello spirito e per questo possono rispettarsi e amarsi per davvero (essere quindi "cattolici", universali).
Gesù ha dato l'esempio più sublime di questa amicizia, donando la sua vita per salvarci, perché - come ebbe a dire lui stesso - "nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i propri amici" (Gv 15,13).
O Signore, donami una amicizia gratuita, che sappia vedere in tutte le persone "amici" da onorare e amare.
"Cicerone"
"Coloro che eliminano dalla vita l'amicizia, eliminano il sole dal mondo."
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,18-21)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che
prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo;
poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il
mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo
padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno
osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto
questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».
Parola del Signore.
Dalle parole di Gesù emerge una verità che mai il discepolo dovrà dimenticare. Gesù si attribuisce la paternità della loro scelta. Essi non hanno scelto il Maestro. È stato il Maestro a sceglierli, a trarli fuori, a far sì che non fossero più del mondo. Prima i discepoli erano del mondo, erano del principe del mondo. Qual è allora la verità che Gesù ci vuole insegnare, dicendo: "Vi ho scelti io dal mondo"? Essa è divinamente alta. Ogni altro maestro della terra, anche se sceglie i suoi discepoli o viene da essi scelto come loro maestro, non trae fuori dal mondo. Sceglie, ma non dal mondo. Sceglie, ma essi restano mondo, come lui è mondo. Erano prima del principe di questo mondo, rimangono anche dopo. Per Satana non vi è alcuna differenza tra il prima e il dopo. Anche se un maestro li ha scelti o essi lo hanno scelto, la loro appartenenza è sempre al mondo. Non sono usciti dal mondo. Con Gesù invece tutto è diverso. Erano del mondo. Gesù li ha tratti fuori dal mondo. Non appartengono al mondo, anche se sono nel mondo. Questa verità è rivelata pienamente nella preghiera rivolta al Padre.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità (Gv 17,6-19).
Se Cristo Gesù non è mai stato del mondo né del suo principe neanche per un istante e sia il mondo che il suo principe hanno fatto di tutto per poterlo fare mondo con il mondo, sotto il governo del principe del mondo, i discepoli che prima erano del mondo, ma che Cristo ha scelto e tratto fuori da esso, possono sperare di essere trattati con dolcezza e grande riverenza? Il mondo vuole ciò che è suo e si accanirà con ogni mezzo per poterli riavere. Degli altri maestri e degli altri discepoli il mondo non si preoccupa. Erano suoi, sono rimasti suoi. Esso li governa secondo il suo volere. Basta osservare la storia e chi è onesto nella mente e nel cuore dovrà rendere testimonianza a Cristo Signore: "Solo Lui scegliendo toglie dal mondo". Ogni altro sceglie, è scelto, ma si rimane mondo nel mondo per il mondo. Cristo Gesù fa la differenza in ogni cosa.
Come il mondo va alla conquista di quanti sono scelti da Gesù? Con una tecnica altamente diabolica, luciferina, satanica. Esso permette che si accolga Cristo, ma non la verità di Cristo, non la sua Parola, non il suo Vangelo. Si è con Cristo ma con la falsità del mondo. Questa modalità produce più danni che lo stesso ritorno del discepolo ad essere mondo. Questa modalità distrugge il corpo di Cristo più che cancro dal suo interno. La Chiesa è stata sempre mandata in rovina dai suoi figli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci verità di Cristo Gesù.