IL VANGELO DEL GIORNO: https://www.iosonolalucedelmondo.it/indice-anno-liturgico-2022/
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 6,1-15)

In quel tempo, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Tutti gli evangelisti ci riportano il racconto del miracolo della moltiplicazione dei pani. Si tratta di nutrire una grande folla di persone e di seguaci di Gesù, radunati sulla riva nord-est del lago di Tiberiade (cf. Mt 14,13-21; Mc 6,32-44; Lc 9,10b-17). Come dimostra l'atteggiamento dei partecipanti, essi interpretano questo pasto come un segno messianico. La tradizione ebraica voleva che il Messia rinnovasse i miracoli compiuti da Mosè durante la traversata del deserto. Ecco perché, secondo questa attesa messianica, si chiamava "profeta" il futuro Salvatore, cioè "l'ultimo Mosè". Infatti, secondo il Deuteronomio, Dio aveva promesso a Mosè prima della sua morte: "Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò" (Dt 18,18). Ecco perché le persone che sono presenti durante la moltiplicazione dei pani cercano di proclamare re Gesù. Ma Gesù si rifiuta, perché la sua missione non è politica, ma religiosa.
Se la Chiesa riporta questo episodio nella celebrazione liturgica è perché essa ha la convinzione che Gesù Cristo risuscitato nutre con il suo miracolo, durante l'Eucaristia, il nuovo popolo di Dio. E che gli dà le forze per continuare la sua strada lungo la storia. Egli precede il suo popolo per mostrargli la via grazie alla sua parola. Coloro che attraversano la storia in compagnia della Chiesa raggiungeranno la meta di tutte le vie, l'eredità eterna di Dio (cf. Gv 14,1-7).

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Parola del Signore

RIFLESSIONI

Una donna, di nome Marta, lo ospitò
Oggi si parla di teologia da scrivania o tavolino, teologia da pulpito, ambone e cattedra, teologia da confessionale, teologia da dialogo o confronto, teologia da strada, teologia scientifica e teologia pratica, teologia pensata e teologia applicata, teologia universale e teologia occasionale. Spesso tutte queste teologie vengono messe le une contro le altre. Allora è giusto che ci si chieda: qual è quella vera e quali sono quelle false? Qual è quella giusta e quali sono quelle ingiuste? Qual è quella utile e quali quelle inutili?
Leggendo quanto avviene in casa di Marta e di Maria, riceviamo una luce particolare che ci permette di dare la giusta soluzione al quesito. In questa casa vi sono due teologie: quella di Marta e l'altra di Maria. Quale delle due è quella vera, giusta, utile e perché? Ma prima ancora qual è la differenza tra le due teologie? La teologia di Marta parte dal suo cuore. Lei pensa, decide, opera. Ciò che il suo cuore le dice è vero. Non ha bisogno di altro. Il suo cuore le dice che deve imprigionarsi in cucina e occuparsi delle cose di casa e lei si sprofonda in un lavoro soffocante.
La teologia di Maria è totalmente diversa. Lei sa che tutto deve venire dal cuore del Padre. È Lui il Signore della sua vita. A Lui vanno consacrati minuti ed ore, giorni e settimane, mesi ed anni. Il cuore del Padre uno solo lo conosce: Cristo Gesù. Lei si pone ai piedi di Cristo Signore e a Lui chiede che gli sveli i segreti del Padre suo tutti nascosti nel suo cuore. Ascoltando il cuore di Cristo lei ascolta il cuore del Padre. Per il cuore di Cristo, per questa via unica, lei giunge al cuore del Padre e lo sceglie come il suo cuore. Ora lei sa cosa fare. Non pensa dal suo cuore, ma dal cuore del Padre.
Questa teologia di Maria è in tutto uguale a quella di Gesù Signore. Lui è sempre in ascolto del Padre nello Spirito Santo. Il Padre dice e lui riferisce. Il Padre comanda e Lui obbedisce. Il Padre lo manda e Lui vi si reca. Il Padre gli ordina cosa dire e Lui parla. Gesù altro non fa che manifestare tutta la bellezza di verità, grazia, misericordia, fedeltà, giustizia del pensiero del Padre. Se Cristo non fosse sempre dal Padre, avrebbe parole di verità e falsità, di giustizia e ingiustizia, opportune e inopportune, buone e non buone, appropriate e inappropriate. Mentre la Parola di Gesù è sempre vera, giusta, opportuna, buona, appropriata, di salvezza, redenzione, verità, amore.
Non è allora il luogo che fa vera la teologia. Essa è vera, se è vera Parola attuale di Dio per il cuore che ascolta. La teologia è ricerca del pensiero di Dio e comprensione di esso. Essa diventa strumento di salvezza, quando dallo Spirito Santo è trasformata in Parola di vita per il cuore che si pone in ascolto. Nello Spirito Santo si attinge dal cuore del Padre la conoscenza del suo pensiero. Dallo Spirito Santo il pensiero di Dio è trasformato in Parola di salvezza e di redenzione. Dallo Spirito Santo la Parola di salvezza è fatta divenire Parola di conversione e di pentimento.
Tutto avviene nello Spirito Santo, per Lui, da Lui, con Lui. Se nel teologo è assente lo Spirito del Signore, tutto diviene ricerca e parola vuota, perché mai vi potrà essere Parola di Dio sulla bocca di chi parla e mai Parola di Dio nel cuore di chi ascolta. Ecco allora la missione del teologo: prendere nello Spirito Santo il pensiero del Padre nel cuore di Cristo. Trasformare il pensiero preso, sempre per opera dello Spirito Santo, in Parola attuale da annunziare all'uomo. Assieme alla Parola versare lo Spirito Santo nel cuore perché solo lo Spirito nella Parola può operare il pentimento e la conversione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,36-43)

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Con l'incarnazione di Gesù veramente un uomo ci parla, un uomo che nello stesso tempo è Dio e che ci parla non soltanto come un uomo ad un altro uomo, ma come un amico parla con un amico:
"Non vi chiamo più servi... vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Gv 15, 15). Nella nuova alleanza ogni uomo, ciascuno di noi è invitato a questo rapporto personale, profondo con Dio, un rapporto non soltanto faccia a faccia, ma cuore a cuore. E' un privilegio meraviglioso, che dobbiamo accogliere con rispetto, con ammirazione, con riconoscenza. L'Eucaristia ci offre la possibilità di ricevere Gesù, il Figlio di Dio fatto nostro fratello, nostro amico, non soltanto in mezzo a noi, ma dentro di noi, per parlare con lui, per ascoltarlo, per lasciare che egli guidi tutta la nostra vita e la riempia del suo amore. il Signore ci aiuti ad apprezzare sempre meglio questi doni sublimi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,44-46)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

"Quando Mosè scese dal monte Sinai, non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante perché aveva conversato con il Signore".
Questo particolare mi fa pensare che anche oggi, tra di noi, esistono persone che hanno il viso raggiante, persone di tutti i ceti e di tutte le età il cui volto irraggia proprio la luce del Signore. Senza che loro lo sappiano, sono, con la loro sola presenza, testimoni di Dio.
È il cuore che rende raggiante il viso. E' veramente un fenomeno spirituale: il cuore unito ai Signore provoca una manifestazione di gioia tranquilla, un dinamismo di amore che trasforma la persona, rendendola strumento della luce divina.
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi confronta lo splendore effimero del volto di Mosè con "la sovraeminente gloria della nuova alleanza" e afferma: "Noi riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore e veniamo trasformati, di gloria in gloria, nella medesima immagine". L'Apostolo scrive in un momento di grande sofferenza e preoccupazione, proprio a causa della Chiesa di Corinto, ma la sua gioia spirituale va al di là di ogni sofferenza e il suo è un grido di esultanza: "Noi riflettiamo come in uno specchio la gloria del Signore!".
Il vangelo sottolinea il motivo di questa gioia che trasfigura la persona: è aver trovato un tesoro per il quale sembra poco aver lasciato tutto: "Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto… un uomo lo trova.. va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi...". Il distacco, la libertà da valori caduchi acuisce la gioia. Se siamo attaccati alle cose non possiamo essere raggianti; se siamo liberi di fronte ad esse siamo pieni di gioia per noi e per chi ci avvicina

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,47-53)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

E' di grandissima consolazione sapere che Dio ha una dimora in mezzo al suo popolo e che la sua presenza la riempie. C'è una presenza di Dio generale, in tutte le cose, ma c'è anche una presenza personale, che permette il dialogo con lui; e Dio con il suo popolo ha voluto essere presente così. La dimora è luogo di incontro e di sicurezza, anticipazione e preludio di un'altra tenda, quella del Verbo di Dio.
Vera dimora di Dio è infatti Cristo. Lo fu la Vergine Maria nell'incarnazione, quando la nube dello Spirito la copri e la riempì la gloria del Signore; ora è Gesù la vera dimora, in cui rimanere. Nei discorsi d'addio del Vangelo di Giovanni ritorna questa parola come consolazione, invito, promessa: "Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (14,23); "Rimanete in me e io in voi" (15,4) e ancora: "Rimanete nel mio amore" (15, 9).
È questa l'attesa, il desiderio profondo di noi che lo amiamo: rimanere in lui ed essere sua dimora, in una intimità misteriosa ma realissima con lui, con il Padre e lo Spirito. E una realtà che si attua soprattutto nell'Eucaristia, nella comunione, in cui Cristo viene in noi con la sua presenza fisica e ci unisce, in lui, al Padre e allo Spirito Santo.

TSTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. Parola del Signore. 

RIFLESSIONI

Nel cuore umano spesso c'è una strana resistenza alle cose belle che Dio propone. Lo notiamo in questo passo del Vangelo di Matteo: la gente di Nazaret non accetta che Gesù, un loro compaesano, sia un grande profeta e vuol ridurlo alla misura di semplice "figlio del carpentiere". Dio vuol fare cose meravigliose, e la gente resiste; Dio vuoi donarci le "feste" e noi sovente non le intendiamo nel modo giusto.
Non siamo fatti per vivere sempre banalmente, siamo fatti per godere la gioia del Signore. Non siamo stati creati per essere schiavi, ma liberi, ed occorre riconoscere che il lavoro spesso ha un aspetto servile, cioè di schiavitù. Anticamente e purtroppo ancora oggi in alcuni luoghi c'erano uomini schiavi di altri uomini; adesso quanti uomini sono schiavi delle macchine! Ma essere schiavi delle macchine comporta la necessità di regolare il proprio ritmo lavorativo sul ritmo delle macchine, e molte "solennità del Signore" sono subordinate a questa necessità.
Dio però vuole invece che i suoi figli possano vivere, almeno alcune volte durante l'anno, nella gioia, nella libertà, celebrando grandi feste e già Mosè, su invito di Dio, ordina al popolo di non compiere alcun lavoro servile nelle solennità del Signore, per vivere con cuore gioioso i rapporti con gli altri.
Spesso il lavoro ostacola i rapporti tra le persone: è impegnativo, occupa tutto il tempo e rende impossibile occuparsi degli altri.
Invece nel giorno della festa del Signore, nel giorno della "santa convocazione", in cui ci si trova tutti riuniti per celebrare insieme il Signore, è possibile accoglierci a vicenda, in rapporti benedetti dal Signore e orientati all'unione con lui Solo se hanno questo orientamento le relazioni personali sono profonde, sincere, autentiche; soltanto nel Signore e con lui possiamo amarci generosamente, autenticamente, profondamente.
Le feste hanno dunque una duplice dimensione: ci rendono liberi di dare del tempo al Signore, per essere più uniti a lui nella preghiera, nella lode, nell'esultanza; ci danno la possibilità di essere più disponibili ad accogliere gli altri, ad essere attenti a loro, pronti ad ascoltare, a condividere nella gioia, nella libertà e specialmente nell'amore.
La Chiesa ha fatto suo questo desiderio di Dio e ha istituito molte feste, per aiutarci a vivere nel clima di gioia proprio della novità di vita che Cristo ci ha donato con la sua morte e risurrezione. Al mistero pasquale sono collegate tutte le solennità della Chiesa, per mettere in evidenza che Gesù Cristo è centro, principio e fine di ogni realtà.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 14,1-12)

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Notiamo un contrasto tra il brano del Vangelo di Matteo e la lettura del libro del Levìtico.
Matteo ci narra infatti come Erode fa arrestare Giovanni, lo fa incatenare, gettare in prigione e alla fine uccidere; il Levìtico invece mette in risalto l'intenzione di Dio, un'intenzione di liberazione e di remissione, sottolineata dall'istituzione del giubileo, mediante il quale Dio mette un limite alla schiavitù, un limite all'espropriazione, un limite anche ai gravosi lavori dei campi. "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti".
Gesù, predicando a Nazaret nella sinagoga, leggerà proprio il passo di Isaia dove si annunzia e si proclama un anno di remissione, un anno di giubileo (cfr. Lc 4, 16.19>. Dio non vuole arrestare, non vuole incatenare, non vuol gettare in carcere; Dio vuole la liberazione:
"Lo Spirito del Signore... mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Is 61,1). Dio vuole la remissione: la remissione dei debiti, la remissione anche dei peccati.
Il peccato sembra un atto di liberazione dalla legge di Dio, in realtà getta nella più dura schiavitù. Gesù lo ha detto chiaramente: "Chiunque commette il peccato, è schiavo del peccato" e commette peccati sempre più gravi. Erode incominciò col fare arrestare Giovanni e finì col farlo uccidere, perché era schiavo del giuramento fatto davanti a tutti, era soprattutto schiavo del suo peccato.
Dio ci vuole liberare! Pensiamo con gioia a questa verità: Dio vuol sollevare dall'oppressione ogni cosa; infatti anche la terra, secondo la legge del giubileo, deve avere il suo riposo.
La Chiesa, quando ha istituito il giubileo, si è ispirata a questa legge contenuta nel Levitico. L'anno giubilare è infatti un anno di remissione, un anno di grazia in cui la Chiesa ci offre la possibilità di ottenere la remissione della pena meritata con il peccato; ci propone un contatto più facile con il Signore; invita tutti ad avvicinarsi a lui con la certezza di essere liberati e di ricevere nuovo coraggio per compiere sempre meglio tutto il bene a cui si è chiamati.
Ringraziamo Dio di questi doni e cerchiamo di vivere pienamente in questo orizzonte di remissione, di liberazione e di amore e di aiutare anche gli altri, per quanto ci è possibile, a vivere così.