IL VANGELO DEL GIORNO: https://www.iosonolalucedelmondo.it/indice-anno-liturgico-2022/
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 7,1-8,14-15,21-23)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

"Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me". Nella discussione tra Gesù e i farisei si percepiscono forti tensioni. Oggetto del dibattito è la "religione pura" (Gc 1,27). Gesù pone al centro di essa il cuore dell'uomo e la sua liberazione dal male, mentre i farisei difendono il rituale esteriore della religione venuta da Dio.
"Il suo cuore è lontano da me". Tutti dobbiamo ammettere questa verità, che noi non controlliamo il nostro cuore. Quanti vorrebbero smettere di bere troppo e non lo possono fare? Prendiamo anche il noto esempio del grande santo della Chiesa dei primi secoli, il cui cuore fu così diviso, per molti anni, da spingerlo a pregare così: "Signore rendimi casto, ma non subito!" (Sant'Agostino).
Quanti vorrebbero disfarsi dell'invidia e dell'orgoglio e, invece, si sorprendono a fare il contrario?
"Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto" (Rm 7,15).
Spesso ci rendiamo conto di questo per la prima volta quando cominciamo a prendere più seriamente la nostra fede e a seguire più da vicino un modo di vita cristiano. Ci stupiamo della nostra tendenza a ripetere gli stessi errori e a ricadere nello stesso peccato. Cominciamo a capire il grido di san Paolo: "Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" (Rm 7,24).
"Il suo cuore è lontano da me". Il fine della vita cristiana è l'unione con Dio e l'unità con il prossimo. Per raggiungere questo scopo, dobbiamo innanzi tutto essere liberi dalla schiavitù delle cattive intenzioni. Dobbiamo conquistarci la libertà! Quest'impresa è interamente opera della grazia del Redentore. Così Gesù promette: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Gv 8,36).
La Chiesa cattolica non ha per fine quello di dare spettacolo, ma piuttosto quello di adempiere ad un dovere semplice e divino: la conversione della nostra vita grazie ad un cambiamento di cuore, ispirato dalla grazia. La Chiesa ritiene che, facendo ciò, ha fatto tutto mentre, se non fa ciò, non vale la pena di fare nient'altro. Essa prega, predica e soffre per un vero battesimo del cuore, a fine di liberarlo perché accolga Cristo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,16-30)

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l'anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Nel Vangelo di Luca l'episodio della predica di Gesù nella sinagoga di Nazaret ha valore programmatico, perciò è tanto più importante capire con esattezza il suo significato. Spesso viene interpretato in modo erroneo, perché si cerca di imporre al testo di Luca la prospettiva del passo parallelo di Marco e Matteo, mentre l'orientamento di Luca è diverso.
Luca lo vediamo distingue chiaramente due tempi contrastanti in questa visita alla sinagoga di Nazaret. In un primo tempo Gesù legge una profezia di Isaia e la dichiara adempiuta, perché lui stesso sta predicando l'anno di grazia annunziato dall'oracolo profetico. La reazione della gente di Nazaret è quanto mai favorevole: "Tutti gli rendevano testimonianza scrive l'evangelista ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca". In un secondo tempo, però, Gesù riprende a parlare citando l'esempio del profeta Elia e del profeta Eliseo, entrambi autori di miracoli a profitto non di connazionali, bensì di stranieri: la vedova di Sarepta e il siro Naaman il lebbroso. Allora la reazione dei nazaretani si capovolge: "Tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno", al punto di voler perfino uccidere Gesù, precipitandolo in un precipizio.
Come si spiega questo completo voltafaccia? Per spiegarlo correttamente occorre capire i sentimenti dei compaesani di Gesù. Quando dicono, dopo il suo primo intervento: "Non è il figlio di Giuseppe?" Non lo dicono con un senso di disprezzo, come negli altri sinottici, ma per sottolineare che Gesù, questo nuovo, ammirevole profeta, è un loro compaesano, quindi appartiene a loro. Il loro atteggiamento esprime una tendenza possessiva. Se Gesù ci appartiene, pensano, deve riservare a noi il primo posto nel suo ministero, deve fare per noi i miracoli! Gesù avverte questi loro pensieri e non li accetta, anzi li denuncia: "Di certo voi mi direte: Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria!". Ma Gesù ribatte: "Nessun profeta è "accoglibile" nella sua patria" ("accoglibile" è la traduzione precisa del termine usato qui da Luca). E Gesù lo spiega con gli esempi di Elia e di Eliseo. Gesù, cioè, si è opposto risolutamente alla tendenza possessiva dei suoi concittadini e ha richiesto loro una grande apertura di cuore, li ha invitati ad accettare che egli si dedicasse al servizio di altra gente, che andasse altrove a compiere i suoi miracoli. Contrastato, l'affetto possessivo si muta in odio violento (tanti drammi passionali si spiegano così; tanto più era forte l'affetto possessivo, tanto più violenta è la reazione contraria).
Lo stesso atteggiamento si ritrova poi negli Atti degli Apostoli da parte dei Giudei che contrastano l'apostolato di Paolo. Lo contrastano perché vedono che ha successo presso i pagani; sono presi da gelosia, e invece di ascoltare il messaggio evangelico perseguitano l'Apostolo.
Se vogliamo essere con Gesù, dobbiamo aprirci alla lezione molto seria di questo Vangelo: per essere con lui è necessario aprire il proprio cuore, non amare neppure Gesù in maniera possessiva, chiedendo per noi stessi le sue grazie, i suoi favori, chiedendo privilegi...
Se vogliamo essere veramente con lui, lo dobbiamo accompagnare quando va verso altra gente e quindi accogliere le grandi intenzioni missionarie della Chiesa. Soltanto così siamo veramente uniti al cuore di Gesù, altrimenti il nostro è un certo egoismo spirituale, che, per quanto spirituale, rimane egoismo, contrario alla carità di Cristo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,31-37)

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La folla è colpita dalla predicazione di Gesù: egli parla con autorità, la sua parola è credibile, vera, vissuta, pensata.
La gente è stanca di ascoltare predicatori ferrati in teologia e poveri in esperienza e in umanità, che citano solo parole incomprensibili studiate sui libri e non nella vita. Gesù non è uno scriba né un dottore della legge, eppure le sue parole provocano, accarezzano, leniscono, scuotono, liberano, allora come oggi. Diverso dai tanti opinionisti che ci spiegano come e cosa pensare, che ci spingono all'omologazione, Gesù ci rivolge una parola autentica e autorevole, attuale e profonda perché vissuta. Parola che accogliamo, oggi come ieri, non come la parola di un saggio del passato, ma come l'epifania di Dio, la manifestazione del mistero nascosto nei secoli. E questa parola libera, allontana il male, la parte oscura dell'uomo e delle cose: l'indemoniato è liberato senza danni, la sua anima ora respira gioia e serenità. Povero indemoniato! Conosce Gesù, è ferrato in teologia: sa che è il Santo di Dio, eppure non vuole avere a che fare con lui, si spaventa. Il demone della superficialità può avvelenare il nostro pensiero e farci dire: cosa c'entra Dio con la mia vita concreta? Si accontenti delle mie devozioni, della mia fede, so che Dio esiste, gli debbo onore e rispetto, ma non vada oltre. Che il Signore ci liberi con la sua Parola autorevole da una fede fatta solo di ritualità, dalla fragile fede che si lega solo al senso del dovere e senza passione.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,38-44)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Siamo guariti per servire, come la suocera di Pietro. Incontrare Dio ci guarisce nel profondo, a volte anche nel corpo. Ma sappiamo bene che la salute è importante, ma non sufficiente: ci sono persone sanissime insoddisfatte e depresse ed altre, malate, capaci di stupirci per la loro serenità e la loro forza interiore. Chi si è avvicinato al vangelo sa che la frequentazione del Signore nella preghiera e nella meditazione spalanca il cuore e la mente ad una nuova prospettiva e, come nell'innamoramento, questo incontro ci carica come una molla. Ma, ammonisce Luca oggi, se siamo guariti non è per crogiolarci, per sentirci fortunati e staccarci dal mondo, ma per metterci al servizio dei tanti fratelli e sorelle che incontriamo. Come Gesù, troviamo la forza del servizio al Regno nel dialogo intimo col Padre, ritagliato anche nei momenti meno probabili, come la notte. La preghiera e la Parola fanno fuggire la parte oscura di noi, quella demoniaca, quella schizofrenica che ci fa professare la fede senza viverla. Affidiamo al Signore che ci guarisce nel profondo la nostra vita, con immensa fiducia, con perdurante amore... 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Per san Pietro l'episodio della pesca miracolosa segnò un nuovo inizio, dopo il suo primo incontro con Gesù. "Gesù gli disse: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini"".
Ogni nuovo giorno per un cristiano è un nuovo inizio: dobbiamo sempre essere a disposizione del Signore e ogni giorno cominciare con la sua parola. Tutti i giorni sembrano uguali; in realtà, nella ripetitività delle occupazioni c'è sempre la novità della parola di Dio che ci dà una piccola luce per quella giornata, che ci dà la forza e la fiducia che, appoggiati ad essa, il nostro giorno sarà fruttuoso per noi e, misteriosamente, per tutto il mondo. Gli Apostoli sulla parola di Gesù gettarono di nuovo le reti, "e presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano".
Viviamo ogni giorno così, lasciando che il nostro lavoro sia reso spiritualmente fecondo dalla potenza della parola del Signore. Non sempre ne vedremo i frutti, è vero, ma la fede ci rende certi che in lui nulla va perduto.
"Portate frutto in ogni opera buona ci esorta san Paolo rafforzandovi con ogni energia secondo la gloriosa potenza di Dio, per poter essere forti e pazienti in tutto; ringraziando con gioia il Padre". Nei tratti semplici della vita quotidiana, sotto le ordinarie apparenze della vita di ogni uomo, opera sempre "la gloriosa potenza di Dio"; per questo bisogna essere attenti e vigilanti a non lasciarla operare invano, per esserne testimoni nella nostra condotta.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo (Lc 5,33-39)

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: "Il vecchio è gradevole!"». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Letto così come viene presentato, dà l'idea di una certa contrarietà di Gesù verso il digiuno, una pratica di pietà osservata il lunedì e il giovedì. "I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!". Un'accusa stolta e tesa ad accusare quel Dio che essi cercavano altrove e pensavano di adorare proprio facendo quel digiuno.
Non sapevano che Gesù aveva cominciato la sua missione con quaranta giorni di digiuno! Non capivano i suoi insegnamenti.
La scelta di Gesù di far mangiare gli Apostoli anche in quei giorni nasce da una esigenza fisica dovuta allo sfinimento fisico per le lunghe ore di cammino che facevano ogni giorno. Passavano di città in città per la predicazione di Gesù e i discepoli dovevano trattenere la gente che voleva toccarlo, Lo proteggevano tutto il giorno, facevano quasi ogni giorno chilometri di cammino in ogni condizione climatica, quindi, dovevano essere sempre sfiniti.
Questa la ragione della necessità del cibo per riacquistare le forze fisiche. La vita condotta da Gesù e dagli Apostoli era completamente diversa da quella dei loro accusatori, i quali vivevano sicuramente con meno affaticamento. I farisei disponevano delle loro giornate con un certo ordine: un tempo per il lavoro, un tempo per il ristoro dalle fatiche quotidiane, ma la fatica di Gesù e dei suoi non aveva sosta.
I farisei che lavoravano non compivano gli sforzi immani di Gesù e degli Apostoli, loro sì che facevano fatiche indicibili. Ogni giorno macinavano chilometri per le contrade delle terre di Israele a predicare l'Amore, il Regno di Dio arrivato in mezzo al popolo.
Se Gesù avesse imposto loro due giorni di digiuno, li avrebbe messi nella condizione di non potergli essere di grande aiuto.
Non era quello il momento di praticare un'ascesi che infine non era costruttiva. Dio era con gli Apostoli e essi in futuro avrebbero fatto anche prolungati digiuni. I farisei che digiunavano volevano rendersi gradito a Dio, ma Dio era in mezzo a loro che gradiva immensamente la fedeltà e l'impegno a seguirlo.
Dinanzi ai farisei ostinati e bugiardi, oltre a Gesù c'erano uomini che avevano lasciato tutto per seguire la volontà di Dio, molto più impegnativa dei riti esteriori dei farisei. Gli Apostoli avevano donato tutto a Gesù, molto più del digiuno indicato rituale.
Non è sufficiente il digiuno rimanendo nella vecchia mentalità, il digiuno diventa importante se accompagnato dalla fedeltà a Dio.
Ma è sempre utile fare il digiuno in qualsiasi condizione spirituale, qualcosa di buono si ricaverà sempre.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 6,1-5)

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Un sabato Gesù passava fra campi di grano.
La religione dei farisei è di una tristezza infinita. Manca in essa il cuore del Padre. La vera religione è il cuore del Padre che vive nel cuore dell'uomo. Se si toglie il cuore del Padre, si precipita in quell'ateismo religioso o in quell'idolatria vissuta in nome di Dio che devasta menti e cuori. Dal cuore senza Dio, privo di esso, i farisei giudicano e condannano il cuore di Dio che vive tutto in Gesù Signore.
Se manca il cuore di Dio, quello vero, manca anche il cuore dell'uomo. Devono necessariamente abitare i due cuori: quello di Dio e quello di ogni altro uomo. Al cuore dell'uomo si deve offrire il cuore di Dio, perché anche in esso possa abitare il Signore. È nel momento in cui il cuore di Dio vive nel cuore dell'uomo, che questi diviene persona di vera religione.
I farisei sono privi del cuore di Dio nel loro cuore. Danno quello che hanno: esteriorità, confusione, assenza di misericordia e di pietà, giudizio e condanna. Danno una legge priva del suo più autentico contenuto di salvezza. Il dono della legge è sempre dono di purissima luce. Dare una legge di tenebre è opera diabolica.
A quanti lo accusano di trasgredire la legge, Gesù risponde con un esempio di trasgressione della legge operata da Davide mentre fuggiva per porre in salvo la sua vita minacciata da Saul. Lui entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, pani santissimi e ne mangiò lui e i suoi compagni. Questi pani erano riservati solo ai sacerdoti. Perché il sacerdote del tempo permise questo? Perché in quel sacerdote abitava il cuore del Padre e secondo il cuore del Padre interpretava la sua legge.
Questa regola vale anche per noi cristiani. O camminiamo con il cuore del Padre nel nostro cuore ed allora sappiamo sempre interpretare la sua Parola, caso per caso, persona per persona, momento storico per momento storico, oppure facciamo della sua Parola uno strumento di esclusione dal regno e dalla vita. Il cuore del Padre abita solo in Cristo Gesù. Si diventa con Cristo un solo cuore, il cuore del Padre diviene nostro, lo Spirito Santo ci illumina, sappiamo cosa dare ogni giorno ai nostri fratelli.
Perché Gesù afferma di se stesso che il Figlio dell'uomo è signore del sabato? Perché Lui avendo nel suo cuore il cuore del Padre, nello Spirito Santo conosce la volontà del Padre sul sabato e secondo la divina verità Lui insegna come osservarlo. I farisei invece non sono signori di esso, perché nel loro cuore abita la falsità, la menzogna, abita satana e sempre daranno alla legge del Signore una interpretazione errata. Essi sanno fare della legge del Signore uno strumento di odio, non di amore verso Dio.
Spesso anche il Vangelo, recitato alla lettera, senza il cuore di Cristo nel nostro cuore, diviene strumento di condanna, non lieto annunzio, buona notizia, messaggio di gioia e di pace. Dobbiamo sempre ricordarci che la lettera della Legge e del Vangelo, la lettera della verità anche di fede sempre uccide. Lo Spirito invece vivifica. Lo Spirito della Legge e del Vangelo, della verità e della fede, è lo Spirito del Padre, che abita tutto nel cuore di Cristo Signore. Si entra in questo cuore, si rimane in esso, si entra in comunione perfetta con lo Spirito di Dio e sempre noi sapremo dare al Vangelo di Cristo Gesù, la sua verità. Sempre lo trasformeremo in un messaggio di gioia e di vita. Questo non significa che lo priveremo della sua verità. Faremo di essa una gioia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero cuore di Gesù.