TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e
gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti,
dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa
tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi:
quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo
avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo
né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Quando si chiede ad un bambino che cosa sia per lui la fine del mondo, risponde in termini di catastrofe e di annientamento, così come suggeriscono la bomba atomica e l'inquinamento. Ma quando si interroga Gesù sulla fine dei tempi, risponde in termini di pienezza e di ritorno. Egli afferma con forza che il Figlio dell'uomo ritornerà; non, come è già venuto, per annunciare il regno (Mc 1,15) e il tempo della misericordia (Gv 3,17), ma perché tutto si compia (1Cor 15,28). Allora ognuno troverà il proprio posto (1Cor 14,2-3) e otterrà la sua ricompensa in funzione delle proprie opere (Mt 16,27). La predicazione di Gesù è carica di questa preoccupazione: aprire gli occhi agli uomini sui segni premonitori di questa fine del mondo che non sarà una caduta nel nulla, ma un ingresso nella gloria. Ma ciò che resta e resterà nascosto, è la data di questo istante. Questo è un segreto del Padre. Egli non l'ha ancora svelato. Ecco perché la Parola (il Figlio) non lo sa. Il Padre non ha ancora espresso questo pensiero, per via della sua pazienza infinita e della sua bontà illimitata (2Pt 3,9). Inutile insistere (At 1,6-7) e chiedere: "Perché?". Per il momento, questo non ci riguarda e non è nemmeno utile per noi saperlo. La sola cosa che conta è sapere che questo ritorno di Cristo ci sarà e che bisogna prepararsi ad esso, altrimenti ci si ritroverà irrimediabilmente esclusi dal Regno (Mt 25,11-12; Lc 13,25).
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 18,35-43)
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a
mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli
annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che
camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più
forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli
domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io
veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha
salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il
popolo, vedendo, diede lode a Dio. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il Vangelo di oggi è un insegnamento sulla preghiera. Il cieco fa un'intensa e
insistente preghiera di domanda:
"Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me! ' e poi ancora più forte:
"Figlio di Davide, abbi pietà di me!"".
Una volta esaudito, la sua diventa preghiera di lode, che si allarga a tutto il
popolo: "Cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di
ciò, diede lode a Dio".
La preghiera di domanda ha due condizioni, e tutte e due compaiono nel racconto
evangelico. La prima condizione è essere consapevoli di aver bisogno del
Signore. Il cieco ha questa consapevolezza, ma piuttosto confusa: lui sa di
aver bisogno della vista e grida forte, e non è possibile farlo tacere, perché
ha coscienza della sua miseria, della sua condizione che non è normale e vuole
a tutti i costi uscirne.
La seconda condizione è la fiducia: senza di essa non ci sarebbe preghiera, ma
soltanto scoraggiamento e disperazione. Se invece, nella nostra miseria, si
accende la fiducia, possiamo pregare; per questo Gesù ha detto: "La tua
fede ti ha salvato". La consapevolezza della propria miseria si è
accompagnata alla fede nella potenza e nella misericordia del Signore: il cieco
ha pregato, ha gridato, è stato esaudito e ha potuto alla fine lodare Dio.
Consapevolezza e fiducia, dunque, una consapevolezza che non deve essere motivo
di tristezza: è la premessa per una preghiera autentica, perché ci fa ricorrere
a Dio con un grido più sincero per essere guariti. Non dobbiamo rinchiuderci
nella nostra miseria; piuttosto dire a Dio: "Signore, tu vedi come sono
misero e bisognoso di te: io credo che tu, nella tua bontà, hai pietà di me e
mi guarisci. Io lo credo, o Signore!". Allora la nostra preghiera sarà
esaudita e potremo dare lode a Dio e alla sua infinita misericordia.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 19,1-10)
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando,
quand'ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di
vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era
piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un
sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi
subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse
pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un
peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò
che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte
tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli
è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Perché Gesù cerca Zaccheo? Perché una tale provocazione, e perché correre un
tale rischio?
Tutti, dall'uomo della strada al notabile, sanno che vi sono cose che non si
fanno perché esiste una legge di purezza, che è mortalmente pericoloso
infrangere. Fermarsi da Zaccheo, per esempio, capo degli esattori delle tasse.
Che Gesù rinnovi questo genere di infrazioni e sarà la morte.
Allora perché?
Perché l'etichetta incollata su Zaccheo impedisce alla gente di vedere chi è
veramente questo piccolo uomo appollaiato sul suo albero, tutto contento di
vedere Gesù, Zaccheo, anche lui un figlio di Abramo. Perché è proprio il fatto
che quest'uomo sia considerato come impuro, cioè perduto, che fa scaturire la
misericordia di Dio, il quale guarda al cuore e non alle apparenze.
Perché questa visita di Gesù nella casa di Zaccheo è la realizzazione esemplare
del nuovo comportamento che ci è proposto e che, sulla scia della croce,
restituisce ad ogni uomo la sua identità di figlio di Dio.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 19,11-28)
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi
pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per
ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi,
consegnò loro dieci monete d'oro, dicendo: "Fatele fruttare fino al mio
ritorno". Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una
delegazione a dire: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi". Dopo
aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui
aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si
presentò il primo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate dieci".
Gli disse: "Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi
il potere sopra dieci città".
Poi si presentò il secondo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha
fruttate cinque". Anche a questo disse: "Tu pure sarai a capo di cinque città".
Venne poi anche un altro e disse: "Signore, ecco la tua moneta d'oro, che ho
tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo:
prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai
seminato". Gli rispose: "Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio!
Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito
e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio
denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi". Disse
poi ai presenti: "Toglietegli la moneta d'oro e datela a colui che ne ha
dieci". Gli risposero: "Signore, ne ha già dieci!". "Io vi dico: A chi ha, sarà
dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici,
che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli
davanti a me"».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù in questa parabola prende spunto dalla storia contemporanea. Archelao,
figlio di Erode il Grande, dopo la morte del padre, era dovuto andare a Roma
per ricevere l'investitura regale dal senato romano. Lo storico Giuseppe Flavio
racconta che i Giudei fecero contemporaneamente partire una delegazione per
chiedere che egli non regnasse su di loro.
Il Signore prende dunque questo esempio di un uomo che deve partire prima di
prendere il potere, così che i suoi servi si trovano ad essere liberi, senza
sorveglianza. Il Vangelo dice che Gesù racconta questa parabola per quelli che
"credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento
all'altro" e lo aspettavano con impazienza, perché finalmente Dio mettesse
a posto tutte le cose sulla terra. Gesù invece fa capire che Dio non ha fretta,
che non vuole intervenire immediatamente e che egli stesso, il Cristo, non
prenderà subito il potere universale: prima farà un lungo viaggio durante il
quale gli uomini, fedeli o infedeli, sono liberi. Chi è fedele non deve aver
timore di questa libertà, ma accoglierla con fiducia.
Il Signore ci dà realmente la libertà e per essergli fedeli noi dobbiamo
realmente usarla. Se ragioniamo come il servo pusillanime: "Ecco la tua
mina; l'ho tenuta nascosta in un fazzoletto, perché avevo paura di te",
veniamo meno alla nostra vocazione. Nella vita spirituale c'è anche la
tentazione del "tutiorismo": cercare sempre le cose più sicure, aver
paura di prendere qualche iniziativa, di fare qualcosa che possa
meravigliare... Sempre le cose più sicure! Questo non fa onore a Dio. il rischio
è necessario, dice il Signore, almeno il rischio di mettere questa mina, questo
denaro in banca. E' un rischio: io non l'ho più, ma questo denaro frutterà un
interesse e poi avrò di più.
Dobbiamo rischiare, accettare iniziative, avere creatività; in questo modo
onoriamo Dio Creatore, assomigliamo a lui, che rischia in continuazione.
E' l'insegnamento del Vangelo di oggi. Per far piacere a Dio dobbiamo
rischiare, approfittare della nostra libertà per onorarlo producendo veramente
frutti buoni per lui e per i fratelli. "La tua mina, Signore, ha fruttato
dieci mine". E il Signore risponde: "Bene, bravo servitore, poiché ti
sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere su dieci città".
Domandiamo a Dio di avere il senso della sua volontà che ci vuole liberi,
creativi, per glorificare lui, creatore dell'universo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc19,41-44)
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città
pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma
ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti
assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli
dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai
riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Oggi contempliamo una bambina che si dà completamente al Signore.
La Chiesa ha capito che l'atteggiamento di Maria all'annunciazione non era una
improvvisazione e che nella sua anima l'offerta andava preparandosi da tempo,
si era già progressivamente realizzata. E commovente vedere una bambina attirata
dalla santità di Dio, che vuol darsi a Dio, una bambina che capisce che l'opera
di Dio è importante, che bisogna mettersi al servizio di Dio, ciascuno con le
proprie capacità, aprirsi a Dio; una bambina che capisce che non si può
compiere l'opera di Dio senza essere santificati da lui, senza essere
consacrati da lui, perché non è possibile neppure conoscere la volontà di Dio,
se il peso della carne ci chiude gli occhi.
Maria realizzava quello che san Paolo più tardi proporrà come ideale dei
cristiani: offrire se stessi:
"Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri
corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio... Non conformatevi alla
mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per
poter discernere la volontà di Dio" (cfr. Rm 12,12).
Cerchiamo allora di comprendere più profondamente le condizioni dell'offerta.
Lo facciamo tenendo presente il canto del Magnificat, perché è chiaro che
nessun Vangelo può corrispondere esattamente alla festa di oggi, che non è
riportata in nessuna pagina della Bibbia: l'offerta di Maria bambina non è un
avvenimento che abbia attirato l'attenzione e sia stato registrato. Scegliere
il Magnificat non è un anacronismo, perché esso esprime i sentimenti che si
sono formati nell'anima di Maria ben prima del giorno della visitazione,
sentimenti di fondo che sono proprio la base della sua offerta:
già della sua offerta di bambina, poi della sua offerta all'annunciazione e
infine della sua offerta sul Calvario. Tutto parla del riconoscimento dei doni
di Dio. Prima dell'offerta c'è sempre il dono di Dio e il riconoscimento di
questo dono. "Ha guardato l'umiltà (la povertà, l'insignificanza) della
sua serva... Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente... Di generazione in
generazione si stende la sua misericordia": è proprio la scoperta
dell'amore di Dio che fa pensare all'offerta, è la riconoscenza che suscita il
bisogno di offrire.
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO B. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Venerdì Della XXXIII
Settimana Del Tempo Ordinario Anno B
Santa Cecilia
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 19,45-48)
Tutto il popolo
pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo.
22 Novembre 2024
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 19,45-48)
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che
vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà casa di preghiera".
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano
di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare,
perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo. Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
L'indignazione di Gesù scaturisce dalla deplorevole condizione in cui era stato ridotto il Tempio. Non era più il luogo dell'incontro con Dio ma del commercio, e per commercio viene inserito anche l'aspetto spirituale.
Non compravano e vendevano solamente animali, attrezzi e oggetti vari, avevano
innanzitutto messo in vendita la loro fede e l'intelletto oscurato non
percepiva più la rovina in cui erano caduti. Questo è l'uomo di ogni tempo che
si allontana da Dio.
Allo scopo di facilitare l'adempimento di questo comando a coloro che venivano
da lontano, s'era provveduto ad allestire negli atri del Tempio un servizio di
compravendita di animali per i sacrifici, e che finì per essere un vero e
proprio mercato di bestiame.
L'usanza all'inizio poteva anche essere tollerabile e perfino opportuna, senza
il controllo di sé si arrivò ad una degenerazione talmente grave al punto che
l'intento religioso originario era ormai posposto al profitto economico dei
commercianti, che forse erano gli stessi servitori del Tempio.
Il Tempio assomigliava ormai più a una fiera di bestiame che a un luogo
d'incontro con Dio.
La riflessione sul passo del Vangelo di oggi è doverosa per quanti sono stati
chiamati con una vocazione speciale a servire Dio e a vivere con il cuore
distaccato da tutto ciò che è profano e frivolo. Il cuore che non vibra più per
Gesù è indurito ed è facile cadere in una delle tante tentazioni che i diavoli
escogitano con insistenza soprattutto contro i Ministri sacri.
È umano peccare, è anche fin troppo umano scivolare sempre più lontano da Gesù
quando si vive senza Fede. Gli ebrei che commerciavano dentro il Tempio erano
convinti di adorare Dio, incapaci di specchiarsi con la coscienza e scoprire
che andavano verso un'altra strada.
Il confronto con quanto avviene oggi nella Chiesa è facile da commentare,
d'altronde c'è un'ampia esposizione mediatica di quanti cercano come vampiri il
sangue altrui per fare audience. Gli scandali commessi dagli uomini di Chiesa
attirano più curiosità e sono anche la devastazione della Fede di molti
cattolici incerti o tiepidi.
Con la reazione di Gesù nel Tempio, Egli ci ha mostrato l'ira di Dio verso
quanti rovinano le cose sacre o ne fanno un utilizzo profano.
Dio è geloso del nostro amore, nell'Antico Testamento quando Dio doveva darsi
un Nome, in un'occasione ha usato il termine «Geloso». Questo definisce
qualcosa dell'essenza di Dio. «Tu non adorerai altro dio, perché il Signore,
che si chiama il Geloso, è un Dio geloso» (Es 34,14).
Il Signore oggi chiede con un'implorazione toccante ai suoi Ministri, distratti
e immersi nella mondanità, di ritornare all'originaria vocazione e di osservare
fedelmente la sua Parola. Solo la rinnovata Fede in Gesù Cristo potrà
permettere la riattivazione del cammino spirituale che rimane sempre opposto
alla mentalità del mondo.
Il Sacerdote è chiamato ad una scelta soprannaturale che si abbraccia solo per
Fede. Non deve essere una scelta opportunistica.
Gesù mosso dallo zelo per la Casa del Padre suo, da una pietà che nasceva dal
profondo del suo Cuore, non poté sopportare quel deplorevole spettacolo e
scacciò tutti di lì, con i loro banchi e i loro animali.
Non solo Gesù sottolinea con forza l'utilizzo del Tempio, oggi invita i
Sacerdoti a restare nelle Chiese per adorarlo e ascoltare i fedeli.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 20,27-40)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non
c'è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha
prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli,
suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello".
C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza
figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono
senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla
risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in
moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;
ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai
morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché
sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di
Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del
roveto, quando dice: "Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di
Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più
rivolgergli alcuna domanda. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il Vangelo parla della risurrezione, alla quale invano si oppongono i sadducei.
"Dio dice Gesù non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per
lui".
Gesù, il nostro re, non ha imposto il suo dominio
con la violenza: è morto sulla croce, apparentemente nella delusione del
fallimento. In realtà la sua morte, accettata con amore nella radicale adesione
alla volontà del Padre, ha trionfato sulla morte e si è vittoriosamente aperta
sulla risurrezione.
Prepariamoci ad accogliere il nostro re "giusto, vittorioso, umile",
come scrive il profeta Zaccaria, con la profonda umiltà di Maria;
sottomettiamoci a lui con tutto il cuore, come egli si è sottomesso alla
volontà del Padre.
Così entreremo nel suo regno: "regno di verità e di vita, regno di santità
e di grazia, regno di giustizia, di amore, e di pace".